Wanda Ferro su vicenda pagamenti quota sociale alle RSA

Wanda Ferro

Di seguito una dichiarazione del consigliere regionale Wanda Ferro (Gruppo misto): 

Anziché annunciare improbabili incatenamenti per ottenere la nomina a Commissario alla Sanità, il governatore Oliverio si preoccupi innanzitutto di fare bene ciò che è di sua competenza in un settore importante e delicato quale quello dell’assistenza socio-sanitaria. Ha assunto ormai contorni grotteschi la vicenda dei pagamenti della quota sociale delle rette da versare alle Rsa, dopo la nota sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che tale quota deve essere a carico delle Aziende Sanitarie. Un “falso problema”, come lo hanno definito le associazioni rappresentative delle strutture, poiché è evidente che la spesa continua a gravare sulla Regione, che deve trasferire le risorse necessarie alle aziende sanitarie. Senonché si è venuto a creare, con consueta indisponibilità all’ascolto da parte del governatore Oliverio, un cortocircuito tale per cui la Regione ha messo in moto l’avvocatura per avere restituite dagli erogatori le somme versate, mentre d’altro canto non consente alle Asp di accettare le fatture da parte degli stessi erogatori. Insomma la Regione vuole indietro i soldi versati per i servizi forniti, ma non mette in condizioni le Rsa di riottenere quanto dovuto da parte delle Aziende Sanitarie. Basterebbe soltanto sedersi attorno ad un tavolo per trovare una soluzione condivisa al problema, ma la Regione si ostina in un atteggiamento di chiusura incomprensibile, che rischia di portare al collasso tante strutture che offrono servizi di eccellenza in un settore ad alto valore sociale quale quello dell’assistenza agli anziani. Le Rsa infatti non sono in grado di restituire le somme che hanno incassato, perché quei soldi sono serviti per pagare i servizi e i costi del personale.  E in ogni caso sono somme che dovrebbero riavere indietro sempre dalla Regione attraverso le Asp. Le Rsa, che tra l’altro non ricevono il pagamento della quota sociale da 13 mesi, sono quindi costrette a rivolgersi agli istituti di credito, accollandosi inutilmente interessi e spese di cui, alla fine, chiederanno inevitabilmente il conto alla Regione. A pagare tanta inefficienza e incapacità di confronto saranno sempre i cittadini, sia per l’inutile spreco di risorse pubbliche che per il rischio di vedere compromessa la qualità dei servizi. Non si comprende perché la Regione continui a penalizzare l’assistenza territoriale, e in particolare quelle strutture che offrono una buona assistenza ad anziani e disabili, anche nei paesi dell’entroterra, spesso rappresentando una concreta alternativa ai ricoveri ospedalieri. Spero che non si tratti di questioni meramente contabili, volte ad escludere quei costi dal calderone della spesa sanitaria per migliorare le performance, e che si tenga in dovuto conto il rischio che le Rsa finiscano per gettare la spugna, cedendo magari le attività a realtà imprenditoriali con le spalle più larghe, come quelle del Nord che sembra abbiano già manifestato interesse ad impegnarsi nel campo dell’assistenza socio-sanitaria in Calabria. Poi c’è la questione dell’applicazione del Decreto commissariale 118, che ha ridotto le rette per le Rsa, e che se non sarà seguito dall’attivazione degli ulteriori servizi previsti, come l’assistenza domiciliare, rischia di far perdere centinaia di posti di lavoro a professionisti bravi e qualificati. La Regione, anche attraverso le Aziende Sanitarie, non può applicare le norme soltanto quando e nelle parti che fanno comodo. Spero che possa aprirsi a breve un tavolo tecnico-istituzionale con tutte le parti coinvolte per salvaguardare un servizio di fondamentale importanza per i calabresi.