“Il cacciatore di meduse”: intervista all’autore Ruggero Pegna

“Il cacciatore di meduse”,  è il romanzo di Ruggero Pegna che racconta la storia di un piccolo migrante somalo, continua a riscuotere consensi e a viaggiare, oltre che in numerosi eventi letterari, scuole e programmi televisivi, anche nelle librerie.

Il dramma dei migranti, che in questo emozionante romanzo edito da Falco diventa una grande storia d’amore con finale da autentica e commovente fiaba moderna, è toccato per la prima volta dal loro punto di vista, con gli occhi di un bambino che diventerà scrittore della sua stessa storia e la voce di immigrati e miseri di tutto il mondo. Una chiave originale e commovente, che porta i lettori nelle avventure del piccolo “cacciatore di meduse”, lavoro che s’inventa per sopravvivere, alla ricerca dell’integrazione nel nuovo mondo dei “bianchi”, a tratti accogliente ma, più spesso, ostile.

 

 

La storia di Tajil, il piccolo somalo sbarcato a Lampedusa con la mamma e un Pinocchio di legno, convince per la capacità di dare voce agli stessi migranti, alle sofferenze e ai sogni di chi è bisognoso o diverso, discriminato per il suo stato di povertà o per il colore della pelle. “La vita è sempre una continua emozione e per questo descrivere il viaggiare e muoversi non ha bisogno di frasi costruite, artefatte, ma spontanee. Sull’onda delle proprie emozioni tutto è possibile, niente è precluso all’essere umano…”, scrive Eliano Bellanova nella sua recensione sulla rivista “Il Faro”.

La struggente storia di Tajil, un bambino nero che non sapeva di essere diverso perché nel suo villaggio a Chisimaio tutti avevano il suo stesso colore della pelle, offre l’unica soluzione possibile ai dilemmi e drammi di questi giorni, aprendo ai sentimenti, al rispetto degli altri e delle loro infinite diversità, usando la chiave della bontà e degli affetti.

La narrazione cattura il lettore, incanta, anche grazie a descrizioni di una natura aspra ma meravigliosa, come quella dei luoghi dell’infanzia in Africa, delle traversate del deserto e del mare o degli splendidi angoli di Sicilia che lo accoglieranno.

Il cacciatore di meduse trasporta in un’atmosfera di vibrante umanità con l’identificazione e la proiezione nel personaggio principale, di cui si condividono amarezze e delusioni, ma anche speranze, attese e desideri, fino alla sorprendente conclusione. “Io sono un bambino nero, non so perché il mio colore è questo, ma sono contento lo stesso, perché somiglio a mamma, al nonno e a tutti quelli di Chisimaio. Se ero bianco, mi sarei vergognato sicuramente di stare là. Ora che sono grande e sono qui, non mi importa nulla se qualcuno mi chiama negro. Sono vivo e felice. E questo è bellissimo…”, dice Tajil a zia Teresa, la maestrina di San Vito Lo Capo che gli insegna l’italiano. «La Terra è di tutti, diceva mio nonno e, per questo, sto bene anche qui, in mezzo a gente con la pelle diversa dalla mia… Penso che il nonno avesse ragione quando diceva che la bontà non dipende dal colore della pelle, ma da quello del cuore. ».

Effetto centrato del testo letterario di Ruggero Pegna, è quello di un’autentica sferzata contro il razzismo, verso il superamento di pregiudizi e di steccati culturali che mal si accordano con il rispetto dell’umanità e delle diversità, principi della convivenza civile a ogni latitudine. Un vero romanzo di formazione, secondo molti insegnati che lo hanno introdotto nelle loro scuole, soprattutto in un momento in cui la differenza culture e religioni sta segnando tragicamente le cronache quotidiane del mondo intero.