DNA antico e tartaro dentale: la vita e la morte dell’uomo di Pietra Sant’Angelo
Nel cuore del suggestivo Parco del Pollino, in Calabria, si cela un enigma millenario: una grotta che custodisce il segreto di un individuo vissuto circa 6.000 anni fa, durante il Neolitico. Questo straordinario ritrovamento non solo colpisce per la sua ubicazione remota e inaccessibile, ma anche per la natura straordinaria dell’inumazione stessa. Chi fosse quest’uomo, come sia giunto alla fine della sua vita e quale fosse la sua provenienza rimangono domande affascinanti che hanno stimolato un gruppo internazionale di ricercatori.
Sotto la guida di esperti del Laboratorio di DNA Antico dell’Università di Bologna (Dipartimento di Beni Culturali), un team di studiosi ha cercato di gettare luce su questo antico enigma attraverso un’approfondita analisi dei reperti scheletrici e del tartaro dentale. I risultati sorprendenti di questa ricerca sono stati documentati nella rivista Scientific Reports.
Il ritrovamento della grotta e dell’inumazione è avvenuto nella Grotta di Pietra Sant’Angelo, situata a oltre mille metri di altitudine su una scoscesa parete calcarea. La sua apertura impervia e difficilmente accessibile ha reso il ritrovamento stesso un’impresa di notevole difficoltà. All’interno della grotta, nel 2019, è stata scoperta la sepoltura di un adulto maschio, il cui periodo di vita è stato datato al Neolitico Medio attraverso il metodo del Carbonio-14. L’individuo era stato posizionato in una fossa poco profonda, senza alcun corredo funerario, con il corpo piegato e il volto rivolto verso il terreno. Questa modalità di sepoltura si differenzia notevolmente dalle pratiche funerarie tipiche dell’antica Italia, dove spesso si faceva uso di necropoli collocate vicino ai villaggi o di vere e proprie cavità sepolcrali. L’uomo della Grotta di Pietra Sant’Angelo rappresenta quindi un’eccezione affascinante rispetto alle norme funerarie dell’epoca.
Le indagini approfondite sul DNA e sul tartaro dentale sono state le chiavi per svelare l’identità e la vita di questo individuo. Gli studiosi hanno utilizzato una serie di tecniche di analisi molecolare, tra cui l’analisi del DNA antico e l’analisi delle proteine presenti nel tartaro dentale. Questi approcci hanno gettato luce su aspetti preziosi della vita di quest’uomo, costituendo così uno dei più antichi casi di successo nel campo della paleogenetica nella regione mediterranea.
L’analisi del DNA ha rivelato che l’uomo presenta forti somiglianze genetiche con i primi agricoltori europei che hanno raggiunto il continente circa 8.000 anni fa, in particolare con popolazioni provenienti dal Peloponneso e dall’Anatolia. Questo indizio suggerisce l’esistenza di un “corridoio preferenziale” lungo il Mar Mediterraneo, attraverso il quale le popolazioni neolitiche si sono insediate nel Sud Italia in modi distinti rispetto all’Europa centrale e settentrionale.
Dall’analisi del tartaro dentale, invece, emerge un quadro di usura dentale e la presenza di frammenti di fibre vegetali. Questi dettagli suggeriscono che l’uomo era particolarmente attivo nell’artigianato, utilizzando la bocca come una sorta di terza mano per manipolare materiali e strumenti. Inoltre, sono state identificate proteine associate a una robusta risposta immunitaria avvenuta poco prima della morte, ma sono state anche individuate specie batteriche legate a disturbi del parodonto e delle gengive, che in casi gravi possono portare alla morte.
Sulla base di questi dati, gli studiosi hanno formulato diverse ipotesi sulla morte e sulla sepoltura dell’uomo di Pietra Sant’Angelo. Una possibilità è che l’uomo sia deceduto in modo repentino e lontano dal suo villaggio d’origine, a causa di un’importante infezione o di un trauma interno non visibile. Questa ipotesi potrebbe spiegare la decisione di seppellirlo in un luogo inusuale per le attività funerarie e anche l’attenzione nel posizionare il corpo in una fossa e coprirlo con pietre. Questi gesti fanno pensare a precisi e rituali comportamenti sociali legati alla gestione di questa insolita morte.
La scoperta della Grotta di Pietra Sant’Angelo e della misteriosa figura neolitica ivi sepolta riveste una grandissima importanza per la comprensione delle dinamiche di vita delle antiche popolazioni. Questo singolare caso, unico nel panorama italiano, apre nuove prospettive di ricerca e offre l’opportunità di confrontare le scoperte con contesti europei. L’approfondita indagine è il frutto di un impegno multidisciplinare, coordinato dal team di ricerca dell’Università di Bologna, con il contributo essenziale degli speleo-archeologi del Centro Regionale di Speleologia “Enzo dei Medici”.
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