Stabilimento produttivo del lametino scaricava rifiuti industriali a mare: 4 misure cautelari e sequestri

Carabinieri
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Operazione “Waste Water”. Esecuzione di ordinanza di misure interdittive nei confronti di 4 soggetti, di cui tre amministratori di una società e del direttore di un impianto di trattamento sito nel lametino. Sequestro dello stabilimento produttivo, dei terreni limitrofi e di circa tre milioni di euro costituenti il profitto del reato.

Nel corso della mattinata odierna, i finanzieri del Comando Provinciale di Catanzaro, i Carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Catanzaro e personale della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, coordinati dal Procuratore della Repubblica di Lamezia Terme, Dottor Salvatore CURCIO e dal Sostituto Procuratore Dottoressa Marica BRUCCI, stanno dando esecuzione, in diverse regioni del territorio nazionale (Lazio, Basilicata, Puglia e Calabria) ad una misura cautelare personale e reale emessa dalla Dottoressa Emma SONNI, Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale di Lamezia Terme, nei confronti di 4 soggetti, di cui tre amministratori della società e il direttore dello stabilimento produttivo, autori di plurimi reati in materia ambientale.

In particolare, i militari delle Fiamme Gialle lametine, i Carabinieri e la Capitaneria di Porto stanno notificando l’applicazione della misura dell’interdizione dell’esercizio di attività imprenditoriale nel settore dei rifiuti.

Tra gli indagati vi è anche un Amministratore Giudiziario, nominato dal Tribunale di Napoli nell’ambito di un altro sequestro preventivo nei confronti della stessa società per falsi e truffa ai danni dello stato.

Contemporaneamente, si sta eseguendo il sequestro preventivo dello stabilimento produttivo e dei terreni contaminati, per un valore stimato complessivo di circa 150 milioni di euro, nonché 3.300.000 euro quale profitto del reato.

Con un’articolata indagine condotta congiuntamente dal NOE di Catanzaro, dalla Guardia Costiera di VV e dalla Guardia di Finanza di Lamezia Terme, è stato accertato lo smaltimento illecito dei rifiuti speciali industriali, gli scarti della lavorazione del biodiesel, in uscita dall’impianto di trattamento dello stabilimento, risultato completamente inattivo.

Le modalità del fatto, scaltre e fraudolente, prevedevano l’utilizzo di una pompa sommersa e di una pompa mobile, con le quali gli indagati convogliavano i rifiuti industriali provvisoriamente accantonati nelle vasche, tal quali, sul nudo terreno che circonda lo stabilimento, nella condotta fognaria consortile DECA e nei canaloni che confluiscono a mare, nel Golfo di Sant’Eufemia, in questo agevolati dalla mancanza di una mappatura certa delle condotte fognarie nel Comune di Lamezia Terme.

Intervenuti prontamente con sequestri preventivi dell’impianto di trattamento, dei terreni contaminati e del canalone per contravvenzioni ambientali, con l’ausilio di un consulente, Prof. Geologo Giovanni Balestri, è stato dimostrato l’inquinamento delle acque, alla foce del Torrente Turrina, dove si misurava un saggio di tossicità del 90 -100%, in  area sottoposta a vincolo paesaggistico, ma anche la contaminazione dei terreni antistanti allo stabilimento industriale intrisi dai reflui industriali, dove si registravano elevate soglie di concentrazione di idrocarburi pesanti, nonché di alluminio, ferro e manganese, infine il nuovo delitto di omessa bonifica.

La contaminazione dei terreni sarebbe iniziata nel 2012, mentre l’inquinamento sarebbe in corso almeno da quattro anni.

Viene eseguito inoltre anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca dei profitti conseguiti dagli indagati per sé e a vantaggio e nell’interesse della Società, costituiti dal risparmio di spesa che avrebbero dovuto sostenere per un corretto smaltimento dei rifiuti, quantificato per gli ultimi quattro anni in euro 3.300.000.

Durante le fasi dell’indagine veniva tratto in arresto, il 14 febbraio 2020, in flagranza di reato il direttore tecnico pro tempore dell’impianto di Lamezia Terme, per violazione dei sigilli delle aree poste in sequestro, per aver consentito ulteriori sversamenti di reflui liquidi industriali con conseguenti effetti negativi sull’ecosistema di zona.

L’indagine presenta particolare importanza perché ha consentito di individuare almeno una delle concause dell’inquinamento nel golfo di Sant’Eufemia e si inserisce nel più ampio progetto predisposto dalla Procura della Repubblica di Lamezia Terme, attraverso l’istituzione di un gruppo investigativo costituito da militari del Gruppo della Guardia di Finanza di Lamezia Terme, dal Comando Carabinieri per la Tutela Ambientale di Catanzaro e della Capitaneria di Porto di Vibo Valentia, attraverso il quale si intende fronteggiare l’attuale e pervasivo fenomeno dell’inquinamento ambientale nell’area della piana di Lamezia Terme.