Violenza tra pari: la dura realtà degli adolescenti

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Un’indagine condotta da Ipsos per ActionAid ha rivelato la preoccupante percezione della violenza tra i giovani italiani, mettendo in luce la necessità di un approccio educativo e preventivo più ampio e mirato

Secondo i dati emersi dall’indagine, 4 giovani su 5 ritengono che una donna possa sottrarsi a un rapporto sessuale se davvero non lo vuole. C’è anche un’ombra preoccupante: 1 su 5 crede che le ragazze possano provocare la violenza sessuale se mostrano un abbigliamento o un comportamento provocante. Questi risultati svelano una dualità di pensiero tra gli adolescenti italiani, sollevando interrogativi sulla profondità della comprensione delle dinamiche di consenso e rispetto reciproco.

Il profilo del violentatore secondo gli adolescenti

Gli adolescenti intervistati sono concordi su chi commette atti di violenza in Italia: i ragazzi maschi, soprattutto se in gruppo, e gli uomini adulti. La ricerca sottolinea anche un preoccupante grado di discriminazione nei confronti delle persone che si identificano come non binarie/fluide/trans, considerate da quasi 1 su 3 come seguaci di una moda del momento.

Ruolo chiave della scuola: proposte di azione

L’indagine ha sollevato la questione del ruolo della scuola nell’affrontare la violenza tra pari. Maria Sole Piccioli, Responsabile Education di ActionAid, sostiene che l’introduzione dell’educazione sessuale nelle scuole superiori non è sufficiente. È necessaria una formazione obbligatoria, co-progettata per docenti e studenti di tutti i cicli scolastici, con l’ausilio di personale esperto, autonomo e laico. La presenza di tutor per la prevenzione e la gestione dei casi, l’implementazione di codici anti-molestia, sono anch’essi indicati come fondamentali per affrontare la complessità della violenza tra pari nelle scuole.

ActionAid sottolinea l’importanza di un’educazione all’affettività e sessualità che vada oltre gli aspetti biologici, includendo quelli psicologici, sociali ed emotivi, come consigliato da Unesco e OMS.

Secondo i dati Ipsos, le caratteristiche fisiche sono al primo posto (50%) tra le ragioni che portano a essere oggetto di violenza, seguite dall’orientamento sessuale (40%) e dall’appartenenza di genere (36%).

La sottorappresentazione delle denunce: vergogna e paura

L’indagine evidenzia che non sempre i giovani che subiscono violenza la denunciano. La vergogna nel raccontarlo agli adulti, la paura e la percezione di inutilità della denuncia sono i principali ostacoli. Nella fascia di età 17-19 anni si registra la più alta frequenza di atti violenti subiti, forse derivante da una maggiore consapevolezza di quanto vissuto.

L’indagine mostra un forte divario di percezione tra gli adolescenti sulla definizione di violenza. Mentre l’80% ritiene violenza toccare le parti intime senza consenso, c’è chi non riconosce questa azione come violenta. Picchiare qualcuno è considerato violenza dal 79%, mentre fare foto/video in situazioni intime e diffonderle è al terzo posto, con il 78%.

La difficile battaglia contro il silenzio

Maria Sole Piccioli di ActionAid sottolinea che i dati confermano la necessità di affrontare la violenza tra adolescenti, andando oltre bullismo e cyberbullismo, e puntando alle radici nella società patriarcale. L’educazione all’affettività e sessualità, insieme a programmi come Youth For Love, possono giocare un ruolo chiave nel prevenire e gestire la violenza tra pari, aprendo un dialogo importante su stereotipi di genere e pregiudizi che influiscono sul vissuto degli adolescenti.

In un contesto in cui la vergogna e la paura spesso impediscono la denuncia, l’obiettivo deve essere non solo la prevenzione ma anche la creazione di uno spazio sicuro e consapevole in cui gli adolescenti si sentano liberi di parlare e chiedere aiuto. Solo così sarà possibile invertire la cultura della violenza e costruire un ambiente in cui tutti possano crescere senza paura e discriminazioni.

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