Circonvenzione di incapace sentenza ribaltata in appello

TRIBUNALE, SENTENZA
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I giudici di secondo grado, accogliendo le tesi dell’Avv. Giuseppe Tagliaferro, emettono una sentenza assolutoria con la formula “perché il fatto non sussiste”

CORIGLIANO ROSSANO, 8 APR 2019 – Circonvenzione di incapace e appropriazione indebita, la Corte d’Appello di Catanzaro ribalta la sentenza del Tribunale di Castrovillari nei confronti di D.G., difeso dall’avvocato Giuseppe Tagliaferro. Il fatto non sussiste per i giudici di secondo grado, che emettono un verdetto assolutorio nel merito.

I FATTI

L’intera vicenda ha inizio nel 2008, quando l’anziana zia dell’imputato, sollecitata da una pronipote, viene ricoverata presso una casa per anziani di Campana. L’uomo, constatando la contrarietà della zia per essere stata ricoverata in quella struttura e apprendendo che la stessa ha trasferito la riscossione delle sue due pensioni in favore della pronipote, si attiva sia per trasferire l’anziana donna in una struttura di assistenza a Rossano, luogo più vicino ai familiari, sia per impedire che la pronipote continui a riscuotere il pagamento delle pensioni. Pensioni che D.G. fa quindi accreditare su un conto corrente intestato all’anziana zia. Da qui la reazione della pronipote, la quale sporge querela nei confronti dell’uomo accusandolo di aver abusato dello stato di incapacità di intendere e di volere della zia e di essersi appropriato di somme di denaro erogate alla stessa a titolo di pensione.

IL PROCEDIMENTO

Dalla denuncia prende il via il procedimento penale a carico di D.G. per le ipotesi di reato di circonvenzione di persona incapace e appropriazione indebita di somme di denaro. Dalle indagini effettuate dai Carabinieri, tuttavia, emerge che la stessa denunciante si era appropriata di somme di denaro della zia, depositate su libretto postale intestato all’anziana donna estinto con contestuale riversamento del denaro su un nuovo libretto postale a nome della pronipote. Quest’ultima, quindi, viene rinviata a giudizio con l’accusa di appropriazione per aver abusato delle condizioni psico-fisiche dell’anziana zia. I due procedimenti vengono riuniti e trattati in maniera congiunta, per concludersi in primo grado con due separate sentenze.

La pronipote viene condannata alla pena di anni 2 di reclusione e alla multa di € 206, nonché al pagamento delle spese e al risarcimento in favore dei parenti della stessa zia, nelle more deceduta, costituitisi parte civile con la difesa dell’avv. Giuseppe Tagliaferro, tra cui lo stesso D.G. Quanto alle accuse mosse nei confronti di quest’ultimo, la difesa dimostra come le somme di denaro siano state utilizzate per il pagamento della retta presso la struttura per anziani di Rossano e per l’acquisto di abbigliamento per la stessa donna. Il Tribunale di Castrovillari, tuttavia, dichiara di non doversi procedere per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione, ritenendo che dagli atti non emergano elementi per un proscioglimento nel merito.

IL SECONDO GRADO DI GIUDIZIO

D.G., non accettando la sentenza di primo grado, che lascia il sospetto dell’accusa infamante di aver abusato delle condizioni della zia, propone appello avverso la pronuncia del Tribunale di Castrovillari con la difesa dell’avv. Giuseppe Tagliaferro. Nel corso del giudizio di secondo grado, la difesa evidenzia che dagli atti, diversamente da quanto ritenuto dai giudici di primo grado, risultano aspetti sia di merito sia procedurali che avrebbero dovuto far pervenire ad una sentenza di assoluzione piena. All’esito delle discussioni finali, in accoglimento delle motivazioni e delle richieste della difesa, la Corte di Appello di Catanzaro assolve D.G. con la formula “perché il fatto non sussiste”