Indagine su profilo che inneggia a ‘Ndrangheta e mafia su TikTok

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Indagine su TikTok: profilo ‘Broker detenuti 78’ celebra ‘Ndrangheta e mafia con oltre 34.000 followers, autorità allarmate per la diffusione di contenuti pericolosi

Nell’era digitale, i social media possono diventare un terreno fertile per la diffusione di messaggi nocivi e pericolosi. Un recente caso che ha destato preoccupazione coinvolge TikTok, dove un profilo intitolato “broker detenuti 78” ha catturato l’attenzione con oltre 34 mila follower e circa 345 mila interazioni. Ciò che ha scatenato le critiche è il contenuto del profilo, che inneggia ai detenuti affiliati a ‘ndrangheta, mafia e camorra.

Il profilo, mostra immagini di arresti compiuti dalle forze dell’ordine, accompagnate da brani musicali che esaltano l’universo criminale. Un dettaglio inquietante è la presenza delle parole “indulto e amnistia” sotto la foto del profilo, intervallate dall’emoticon delle catene.

Tra i commenti, emerge la frase ricorrente “presta libertà”, mentre i post riportano titoli di notizie sulle operazioni delle forze dell’ordine, inclusi gli arresti dei Casamonica, azioni contro ‘ndrangheta e mafia, nonché i colpi inflitti alle famiglie ‘ndranghetiste del vibonese nell’ambito dell’operazione Rinascita Scott.

La situazione ha attirato l’attenzione delle autorità, con i carabinieri che hanno avviato accertamenti sul profilo. Non mancano le polemiche, e il vice capogruppo di Fdi alla Camera, Antoniozzi, ha sollecitato l’oscuramento del profilo, definendolo “vergognoso”.

Antoniozzi critica aspramente TikTok, sottolineando la sua disapprovazione per il fatto che il social network permetta la diffusione di contenuti che inneggiano a famiglie criminali condannate. Il politico esprime preoccupazione per il fatto che decine di migliaia di persone seguano un profilo che celebra un segmento della società calabrese respinto dalla maggioranza e che rappresenta una pericolosa narrativa quasi carismatica, specialmente per i giovani.

Il testimone di giustizia Pino Masciari è allarmato dal profilo, definendolo “chiaramente frutto della subcultura mafiosa” che si insinua nella società civile, affascinando le nuove generazioni. Masciari sottolinea la necessità di un allarme istituzionale e sociale, evidenziando che la cultura della legalità è ancora lontana dall’essere dominante se si permette la propaganda dell’illegalità su piattaforme pubbliche.

Il caso solleva importanti questioni sulla responsabilità dei social media nel contrastare la diffusione di contenuti pericolosi e sulla necessità di un impegno collettivo per promuovere la cultura della legalità e respingere qualsiasi forma di glorificazione criminale.

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