‘Ndrangheta: tutti i dettagli dell’operazione Reventinum

CATANZARO, 10 GEN 2019 – Nella mattinata odierna i Carabinieri del Comando Provinciale di Catanzaro hanno dato esecuzione ad un provvedimento di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura distrettuale di Catanzaro, diretta dal Procuratore dott. Nicola Gratteri, nei confronti di 12 soggetti, ritenuti tutti responsabili di associazione di tipo mafioso e, a vario titolo, dei delitti di estorsione, sequestro di persona, violenza privata, danneggiamento a seguito di incendio, detenzione illegale di armi, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose (NOMI DEGLI ARRESTATI)

L’INDAGINE

L’indagine, condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catanzaro e coordinata dal Procuratore, dott. Nicola Gratteri, e dal Sostituto procuratore, dott. Elio Romano, è stata sviluppata nell’ambito degli approfondimenti investigativi inerenti gli omicidi dell’ avvocato Francesco Pagliuso, cl. ‘73, e di Gregorio Mezzatesta, cl. ’64, perpetrati, entrambi con l’aggravante delle modalità mafiose, rispettivamente, a Lamezia Terme (CZ), la sera del 9 agosto 2016 (LEGGI: LAMEZIA TERME: ASSASSINATO IL NOTO PENALISTA FRANCESCO PAGLIUSO), e a Catanzaro, la mattina del 24 giugno 2017 (LEGGI: DIPENDENTE FERROVIE DELLA CALABRIA UCCISO IN VIA MILANO[1].

L’attività di indagine ha consentito di delineare con chiarezza gli assetti storici ed attuali, nonché gli interessi criminali di due distinte e contrapposte cosche, quella degli “SCALISE” e quella dei “MEZZATESTA”, derivanti dalla scissione del Gruppo storico della Montagna, nell’area catanzarese del Reventino compresa tra i comuni di Soveria Mannelli (CZ), Decollatura (CZ), Platania (CZ), Serrastretta (CZ) e territori limitrofi.

In particolare, le risultanze investigative individuano nel 2001, con l’attentato subito da Scalise Pino, il momento dopo il quale il Gruppo storico della Montagna si comincia a scindere in quelle che diventeranno due distinte e contrapposte consorterie. A fronte di una prima fase caratterizzata da una operatività sottoposta al controllo e alla supervisione delle più influenti cosche lametine dei “GIAMPÀ” e dei “IANNAZZO-CANNIZZARO-DAPONTE”, dal 2013, le compagini degli SCALISE e dei MEZZATESTA cominciano ad operare con maggiore autonomia. Gli indizi gravi, precisi e concordanti raccolti nel corso della prolungata azione investigativa hanno dimostrato come le due predette organizzazioni criminali, dopo le operazioni che hanno interessato, nel corso di questi ultimi anni, l’area territoriale lametina[2], abbiano continuato a commettere gravissimi reati, alimentando una crescente e violenta contrapposizione reciproca tesa a conseguire, da parte di ciascuno dei due gruppi, l’esclusivo controllo sul territorio di riferimento.

In relazione alla cosca “SCALISE”, con l’odierna misura viene contestato il reato di associazione mafiosa a Scalise Pino (cl. 58), Scalise Luciano (cl. 78), Domanico Vincenzo Mario (cl. 76), Scalzo Andrea (cl. 81), Rotella Angelo (cl. 83), Mingoia Salvatore Domenico (cl. 65) e Bonacci Cleo (cl. 62). Figure di spicco sono Scalise Pino e Scalise Luciano, ai quali si attribuisce un ruolo verticistico in quanto titolari del potere decisionale in ordine alla strategia criminale da perseguire, anche con riferimento alle azioni violente rientranti nel programma criminoso collettivo della cosca.

Nell’ambito della indicata contrapposizione vanno certamente inquadrati i fatti omicidiari che, a partire dal 2013, hanno coinvolto esponenti di entrambe le fazioni, in una vera e propria faida ancora oggi in atto. In particolare, si richiamano il duplice omicidio di Iannazzo Francesco (cl. 84) e Vescio Giovanni (cl. 77), perpetrato in Decollatura (CZ) il 19 gennaio 2013, e gli omicidi di Scalise Daniele (cl. 85), in Soveria Mannelli (CZ) il 28 giugno 2014, di Aiello Domenico (cl. 56), in Soveria Mannelli (CZ) il 21 dicembre 2014, di Pagliuso Francesco, in Lamezia Terme il 9 agosto 2016, e di Mezzatesta Gregorio (cl. 64), in Catanzaro il 24 giugno 2017.

La vicenda riguardante l’Avvocato Francesco PAGLIUSO

La capacità criminale raggiunta dalla cosca Scalise nel territorio di riferimento sono testimoniate dalla vicenda riguardante l’Avvocato Francesco PAGLIUSO, del foro di Lamezia Terme (CZ), che, nella seconda metà del 2012, era difensore di Scalise Daniele, figlio del capo cosca Scalise Pino, per un procedimento penale presso il Tribunale di Cosenza. Gli elementi investigativi acquisiti nel corso delle indagini, compendiati nell’odierno provvedimento di fermo, hanno documentato come il Pagliuso, accusato di un minor impegno professionale e di aver commesso degli errori nella linea difensiva a tutela dello Scalise Daniele, venisse privato della libertà personale, incappucciato e condotto con la forza da Lamezia Terme in un bosco della zona montana del Reventino, ove veniva costretto a stare, legato ed impossibilitato a muoversi liberamente, dinnanzi ad una buca scavata nel terreno con un mezzo meccanico. Il tutto al fine di piegare l’avvocato alla volontà della cosca, specie con riferimento alle determinazioni e al comportamento da tenere nel procedimento a carico di Scalise Daniele.

Il sequestro di persona e la violenza privata perpetrati con l’aggravante mafiosa in danno dell’Avvocato Pagliuso vengono contestati con il fermo odierno al solo Scalise Pino, tenuto conto che gli altri correi sono nel frattempo deceduti a seguito di azioni omicidiarie. Lo stesso Scalise Pino, in un momento successivo, non esiterà a reiterare ulteriori minacce raggiungendo l’avvocato Pagliuso direttamente all’interno del suo studio di Lamezia Terme.

L’attività estorsiva della cosca SCALISE  

La piena operatività della cosca SCALISE nel settore delle estorsioni su tutto il territorio di riferimento viene messa in luce con chiarezza dall’attentato incendiario che Scalise Luciano (cl. Cl. 78) e Rotella Angelo (cl. 83) mettono a segno in danno di un imprenditore di Decollatura operante nel settore del commercio del legname. Nell’agosto del 2017, i due esponenti della cosca SCALISE, al fine di favorire un’altra società concorrente nel medesimo settore e far desistere l’imprenditore dalla sua attività economica, ne davano alle fiamme una macchina agricola e il capannone provocando un danno superiore ai 150.000 €.

[1] Per entrambi gli omicidi è stato ritenuto gravemente indiziato GALLO Marco, cl. ’85, già tratto in arresto nell’ambito di diverso procedimento penale.

[2] In particolare le operazioni “Medusa”, “Perseo”, “Pegaso”, “Chimera”, “Andromeda”, “Dionisio” e “Crisalide”.

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