Atteggiamenti “scomposti”. Sono stati definiti inizialmente così, da alcuni genitori, i comportamenti di un insegnante nei confronti dei piccoli alunni, tutti di età compresa fra i 5 e i 7 anni, che frequentano una scuola primaria del comprensorio lametino. Forse racconti, fantasie di bambini che, però, hanno destato più di qualche preoccupazione in quella mamme e quei papà che, trovando nei racconti dei propri figli un filo comune, si sono rivolti al dirigente scolastico il quale, a sua volta, non ha esitato a contattare i Carabinieri per le verifiche del caso. È iniziata così, sotto la direzione della Procura di Lamezia Terme, l’attività di videosorveglianza delle aule in cui insegnava la citata maestra e che ha permesso di documentare gravi indizi di colpevolezza nei confronti della stessa ritenuta responsabile di maltrattamenti in danno di minori. Dalla visione e dall’ascolto dei filmati captati, infatti, è emerso l’abituale atteggiamento della docente che era solita utilizzare un sistema di correzione delle condotte dei piccoli alunni caratterizzato da espressioni di violenza verbale, spesso accompagnate da gesti di violenza fisica. Prima uno schiaffo, poi un secondo … “smettila di urlare che ti faccio il muso a sangue”. Parole, azioni che seppur non così gravi da cagionare lesioni nei discenti travalicavano sicuramente quell’idea di animus corrigendi. Ciò sia per il primato che il nostro ordinamento attribuisce alla dignità della persona, sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di convivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice. Ogni processo educativo, infatti, non può che fondarsi sulla condivisione degli atteggiamenti e dell’esperienza dell’educazione. Le autorità preposte a questo scopo, pertanto, sono chiamate a fare ma anche dire cose giuste per proporre un esempio di coerenza e di abitualità del costume improntato all’esercizio delle virtù individuali e sociali, civiche e morali. I militari, invece, hanno registrato numerosi episodi in cui l’insegnante, oltre ad adottare reiteratamente mezzi di correzione fisica, quotidianamente si lasciava andare ad espressioni gratuitamente denigratorie nei confronti dei piccoli a lei affidati. “Porco … maiale … sono stanca, dovete stare divisi, ognuno nel suo recinto …”. Parole buttate lì senza pensare che quelle ingiurie, quelle frasi tese esclusivamente a umiliare e svalutare il discente a nulla sarebbero servite nel percorso educativo e di crescita al quale era chiamata a contribuire. Il quadro definitivo che si è delineato, quindi, ritrae un metodo di insegnamento nell’ambito del quale trovano sistematicamente posto minacce, ingiurie e violenze, talune assolutamente al di fuori di qualsivoglia sistema di correzione, educazione o disciplina tenuto altresì conto della tenera età dei fanciulli. Un quadro che ha portato la locale Procura della Repubblica a richiedere l’applicazione di idonea misura cautelare, emessa dal Tribunale di Lamezia Terme ed in ottemperanza della quale la donna è stata tratta in arresto e posta ai domiciliari nella mattinata odierna.
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