Sequestrati 40 milioni di euro a imprenditori di Gioia Tauro, sigilli in tre regioni

Guardia di Finanza
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Sequestrati beni a due imprenditori di Gioia Tauro in un’operazione legata all’indagine ‘Andrea Doria’ nel settore petroliero, coinvolti sei aziende in Calabria, Campania e Lazio

I Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, in collaborazione con il Servizio Centrale Investigazioni Criminali Organizzate (S.C.I.C.O.), sotto la guida della Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, guidata dal Dott. Giovanni Bombardieri, stanno attuando un provvedimento di grande portata nelle regioni di Calabria, Campania e Lazio. Tale azione è derivata da una disposizione emessa dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale locale, che ha ordinato il sequestro di beni dal valore complessivo stimato di 40 milioni di euro a due imprenditori.

Questa operazione segna la conclusione di una complessa indagine di natura economica e patrimoniale coordinata dalla Procura della Repubblica locale e condotta dai militari del Gruppo di Investigazione sulla Criminalità Organizzata (G.I.C.O.) del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Reggio Calabria e dal S.C.I.C.O. L’indagine si è concentrata su due imprenditori di Gioia Tauro sospettati di collusioni con la cosca di ‘ndrangheta, affiliata alla famiglia “Piromalli – Molè” di Gioia Tauro. Si ritiene che abbiano stabilito un’intesa mafiosa di grande rilevanza, persistente nel tempo e profondamente radicata.

L’identità criminale degli imprenditori è emersa durante l’operazione “Andrea Doria”, condotta dai suddetti reparti della Guardia di Finanza per contrastare l’infiltrazione della ‘ndrangheta nell’economia legale. Questa operazione si è conclusa nell’aprile del 2021 con l’esecuzione di provvedimenti cautelari personali nei confronti di 23 individui e sequestri per oltre 620 milioni di euro. In questo contesto, i due imprenditori sono attualmente sotto processo per il reato, tra gli altri, di associazione di stampo mafioso.

Le indagini avrebbero rivelato un intricato sistema di frode fiscale nel settore del commercio di prodotti petroliferi. Questo sistema si basava su triangolazioni societarie fittizie, mirate a eludere l’IVA e le accise, e sull’uso di false dichiarazioni di intento, un meccanismo che di solito consente l’acquisto con esenzione fiscale. L’associazione avrebbe gestito l’intera catena di distribuzione dei prodotti petroliferi, dalla fase di deposito fiscale fino ai distributori finali, coinvolgendo una serie di operatori economici intermedi, come aziende di commercio di carburante, depositi commerciali e intermediari locali. Lo scopo era evadere le tasse in modo fraudolento attraverso l’emissione e l’utilizzo di dichiarazioni di intento fittizie.

Le società coinvolte avrebbero dichiarato falsamente di possedere i requisiti necessari per beneficiare delle agevolazioni fiscali, acquistando il prodotto petrolifero senza l’applicazione dell’IVA. Successivamente, il prodotto sarebbe stato ceduto a prezzi concorrenziali a clienti specifici, danneggiando gli onesti imprenditori del settore.

L’indagine ha anche rivelato un sistema di riciclaggio degli incassi attraverso famiglie di ‘ndrangheta coinvolte nella distribuzione dei prodotti petroliferi.

In questo contesto, l’indagine ha evidenziato il ruolo cruciale dei due imprenditori, considerati “colletti bianchi” che consentivano alle consorterie criminali di operare con successo in un settore altamente redditizio e strategico.

Basandosi su queste prove, la Direzione Distrettuale Antimafia locale ha incaricato il G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economica Finanziaria di Reggio Calabria e il S.C.I.C.O. di condurre un’indagine economica e patrimoniale volta all’applicazione di misure preventive, sia personali che patrimoniali, nei confronti degli imprenditori coinvolti.

Questa attività, sfruttando anche i risultati di indagini precedenti, ha permesso di identificare e valutare il patrimonio direttamente e indirettamente controllato dai soggetti coinvolti, il cui valore sarebbe risultato sproporzionato rispetto alla loro capacità reddituale dichiarata.

Di conseguenza, la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria ha emesso il provvedimento di sequestro nei confronti degli imprenditori, coinvolgendo sei aziende attive in settori diversi, tra cui il commercio all’ingrosso di prodotti petroliferi, la manutenzione e riparazione di containers, e la locazione immobiliare. Il sequestro comprende anche una ditta individuale operante nel settore agricolo, quote di una società nel settore della locazione immobiliare, nove edifici, cinque autovetture, quattro orologi di lusso e disponibilità finanziarie, per un totale stimato di 40 milioni di euro.

Questa operazione testimonia ancora una volta l’impegno elevato della Guardia di Finanza e dell’Autorità Giudiziaria nel contrastare l’accumulo illecito di patrimoni da parte delle consorterie criminali di stampo mafioso. L’obiettivo è limitare l’inquinamento del mercato, promuovere la libera concorrenza, ripristinare adeguati livelli di legalità, tutelare l’imprenditoria leale e garantire la trasparenza e la sicurezza economica e finanziaria.

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