Catanzaro: emergenza e coronavirus, le proposte delle autonomie locali per le imprese

Anci e UPI Calabria in Videoconferenza

CATANZARO – Ieri giovedì 18 marzo, si è svolta una videoconferenza stampa per fronteggiara l’emergenza coronavirus, dove le autonomie locali hanno fatto alcune proposte per le imprese.

Hanno partecipato il presidente Upi Calabria, Sergio Abramo, il vicepresidente Anci Calabria, Francesco Candia, e il responsabile dello “Sportello Europa” della Provincia di Catanzaro, Antonio De Marco

Le azioni previste dal decreto ”CURA-ITALIA” del 16 marzo 2020

Il D.L. COVID TER del 16/3/2020, conosciuto come “Decreto Cura-Italia” del Governo Conte, prevede già una serie di interventi  di sostegno alle Imprese colpite dall’epidemia coronavirus su tutto il territorio nazionale, che si concretizzano in:

–  riconoscimento del credito d’imposta del 60% del canone di locazione delle Imprese di marzo 2020;

– riconoscimento del credito d’imposta per le spese di sanificazione fino  ad un max di 20.000 euro;

– riconoscimento, su richiesta delle Regioni, della CIG in deroga per tutti i comparti ed i lavoratori;

– altri interventi sul credito alle Imprese con garanzie fideiussorie e fondi di liquidità tramite CDP.

Il limite di tale provvedimento, in sé positivo, è determinato dalla limitata applicazione di incentivi per le Imprese e dalla insufficienza  dellattuale disponibilità finanziaria, pari a 27 miliardi di euro per tutti gli interventi previsti.

Dichiarazione del presidente Upi, Sergio Abramo:

“Se in Calabria possono essere interessate ai provvedimenti tampone 50.000 imprese, a livello nazionale le PMI sono circa 2.000.000 (sul totale dei 4,400 milioni di Imprese censite), con una platea di dipendenti coinvolti di circa 10 milioni di addetti a rischio di interruzione del rapporto di lavoro o di licenziamento (sul totale di 23,5 milioni di occupati nel settore  privato). Ebbene se prevediamo che il credito d’imposta per il fitto sarà pari ad una media nazionale di 1.500/2.000 euro, si arriva ad un fabbisogno di circa 3,5 miliardi di euro per il solo credito di imposta. Se prevedessimo ancora l’applicazione della CIG in deroga per i mesi di interruzione (indicativamente 2 mesi) dei 10 milioni di dipendenti, per un costo medio di 2.500 euro pro-capite, si arriva ad un fabbisogno di ben 25 miliardi di euro. In pratica quindi solo questi due interventi  consumerebbero più della dotazione complessiva assegnata al Decreto.

Ciò vuol dire che l’applicazione delle misure, peraltro parziali, non potrà essere estesa a tutto il territorio nazionale, e che il Sud e la Calabria saranno sacrificate davanti all’incidenza della maggiore emergenza sanitaria al Nord, ed al numero delle Imprese possibili beneficiarie in proporzione (le Imprese in Lombardia sono 955.000 rispetto alle 109.000 della Calabria). Ciò vuol dire in concreto che occorrerà attrezzarsi con interventi locali in carenza evidente degli interventi nazionali, che rischiano di lasciare insoddisfatte le imprese calabresi”.

Gli interventi proposti

“Da qui la necessità – ha proseguito Abramo – di pianificare una strategia di azioni specifiche da parte della Regione Calabria, parallela e integrata a quella nazionale, che metta in campo risorse significative degli strumenti di programmazione oggi a disposizione della Regione sulla programmazione integrata 2014/2020 in fase conclusiva (POR, PAC- FSC, Risorse Liberate). ANCI e UPI sono quindi d’accordo con la presidente on.le Santelli sulla opportunità di procedere ad una rimodulazione/riprogrammazione urgente del POR Calabria 2014/2020, e del corrispondente Piano di Azione e Coesione (PAC), al fine di destinare un pacchetto significativo di risorse  ad un Piano strategico e straordinario di azione per sostenere le imprese in crisi a seguito dell’emergenza del Coronavirus, atteso che tale emergenza ha valore assoluto di priorità rispetto agli altri orientamenti in precedenza espressi con la programmazione comunitaria e nazionale. Orientamento peraltro specificamente agevolato dalla Commissione Europea, e ribadito ieri dal ministro dell’Economia a livello nazionale. Tale orientamento è peraltro supportato dalla consapevolezza dei dati ancora parziali di attuazione del POR 2014/2020 e del PAC, le cui risorse potrebbero essere invece utilmente destinate (con buon effetto sulla accelerazione della spesa) alla strategia di sostegno alle imprese ed all’occupazione, previo accordo con la Commissione Europea e l’Agenzia di Coesione.

Il POR, infatti, rispetto alla dotazione iniziale di Euro 2.378.956,841, presenta procedure avviate per 2.371.484.198, pari al 98%, ma una spesa di Euro 634.073.423 pari al 27%. In effetti il livello di attuazione di procedure deriva dal complesso dei c.d. “progetti coerenti di 1^ fase” che hanno prodotto risorse liberate, in quanto in realtà sugli Assi in ritardo di attuazione  (assi 1, 2, 3, 4, 9, 10, 13) si registrano mancate attivazioni di procedure di oltre 300 milioni di euro.

Parimenti per il PAC, parallelo al POR, che presenta una disponibilità di Euro 720.807,555 per il 2014/2020 (mentre è da valutare l’impatto del PAC 2007/2013 in conclusione), la disponibilità non utilizzata è pari quasi al 50% delle risorse.

Occorre quindi, a seguito della costituzione di un “tavolo tecnico di lavoro”, condiviso tra Regione, Enti Locali e partenariato sociale, definire con urgenza la proposta di una rimodulazione del POR e del PAC, da far decorrere con immediatezza con una apposita seduta urgente (anche on-line) del Comitato di Sorveglianza e di una immediata condivisione con la Commissione Europea, anche alla luce dei nuovi Regolamenti CEE, atteso che per il PAC la procedura è estremamente semplificata in quanto presuppone solo la condivisione con l’Agenzia di Coesione. L’avvio immediato delle procedure preliminari citate potrebbe consentire, nello spazio di 2/3 mesi, di pervenire alla operatività delle misure ipotizzate. La rimodulazione potrà prevedere:

– interventi per la ripresa di competitività delle imprese (PMI), da finanziare con il FERS (con eventuale supporto tecnico di Fincalabra) , attraverso una leva congiunta di aiuti de minimis alle imprese: credito d’imposta, riconoscimento di costi aziendali reali a seguito delle chiusure temporanee degli esercizi o rimborso di costi di investimenti e ristrutturazioni susseguenti all’emergenza;

– interventi per il mantenimento dei livelli occupazionali dei lavoratori delle imprese, da finanziare con il FSE, attraverso rimborso di CIG o forme di sostegno al reddito aziendale dei costi contrattuali per le interruzioni di servizio.

Ovviamente l’ipotesi di una rimodulazione del POR e del PAC per far fronte alla crisi del sistema delle imprese calabresi, dovrà tenere presenti due elementi di natura tecnica:

a) La necessaria rimodulazione delle Azioni  3.3.1 Sostegno al riposizionamento competitivo delle Imprese e/o 3.1.1. Aiuti per processi di riorganizzazione e rafforzamento aziendale  delle PMI, dell’Asse 3 del POR e del PAC, al fine di adeguare l’ammissibilità della spesa di aiuti alle Imprese per gli interventi proposti, e allargando i codici ATECO di ammissibilità al fine di comprendere integralmente il commercio ed i servizi;

b) L’integrazione delle azioni da prevedere su POR e PAC rispetto a quelle previste sul D.L. “Covid Ter” del 16/3/2020.

In sede di tavolo tecnico sarà possibile definire di conseguenza l’ipotesi di copertura finanziaria del Piano straordinario regionale di sostegno alle Imprese, anche alla luce delle effettive disponibilità del Decreto del Governo Nazionale.

Ipotizzando che possano essere interessate agli aiuti il 50% delle imprese calabresi, quindi circa 50.000, e ipotizzando ancora un sostegno finanziario medio massimo di 10.000 euro di “aiuti de minimis” ad impresa, si determinerebbe una esigenza finanziaria di 500 milioni di euro, cui potrebbe essere aggiunto un aiuto all’occupazione con il FSE per circa 100.000 lavoratori del settore privato coinvolti in processi di crisi aziendale, con un costo pro-capite medio di 2/3.000 euro, per un ulteriore spesa di circa 250 milioni di euro. Dati previsionali da incrociare ovviamente con i limiti della rimodulazione necessaria di POR e PAC”.