Crisi economica e sociale: l’Istat fotografa un’Italia in difficoltà

Italia 2025: crescita economica ferma, salari in calo del 10%, aumento della povertà soprattutto al Sud e famiglie sempre più vulnerabili tra crisi sociale, produttività in calo e servizi pubblici sotto pressione

L’Italia si appresta ad affrontare un 2025 caratterizzato da un’economia stagnante e da segnali sociali allarmanti. Lo certifica il nuovo Rapporto Istat 2025, che fotografa un Paese alle prese con una crescita economica quasi nulla, salari in contrazione e famiglie sempre più vulnerabili, soprattutto nel Mezzogiorno.

Le stime economiche per il 2025 non lasciano spazio all’ottimismo: il Fondo Monetario Internazionale prevede una crescita dello 0,4%, mentre Banca d’Italia e Ministero dell’Economia indicano uno 0,6%. Numeri inferiori persino al già modesto +0,7% registrato nel 2024. La frenata è attribuita principalmente alla turbolenza nelle politiche commerciali internazionali e a un contesto geopolitico sempre più instabile.

L’aspetto più preoccupante del rapporto riguarda il potere d’acquisto dei lavoratori italiani. Tra il 2019 e il 2024, i salari contrattuali hanno perso il 10,5% di valore reale. Anche considerando le retribuzioni effettive, la perdita è del 4,4%, un dato comunque peggiore rispetto a Germania (–1,3%) e Spagna (–2,6%).
A complicare il quadro, la produttività nel settore privato è calata del 2% nel 2024, mentre quella del capitale è scesa dello 0,2%. Nonostante un aumento dell’occupazione (+1,5%, pari a 352mila nuovi posti), i settori in crescita sono quelli a bassa produttività, come costruzioni, accoglienza e servizi alla persona. Questo ha portato a un calo del PIL per occupato del 5,8% dal 2000 a oggi, in netto contrasto con l’espansione osservata in Francia, Germania e Spagna.

Quasi un italiano su quattro (23,1%) è a rischio povertà o esclusione sociale, con un picco drammatico nel Sud, dove la percentuale sale al 39,8%. Le famiglie giovani (capofamiglia under 35) e quelle numerose sono le più colpite.
Il divario territoriale è evidente anche nei dati sulla grave deprivazione materiale, che colpisce appena l’1,3% nel Nord-Est ma arriva al 12,1% nel Mezzogiorno. A livello nazionale, cresce la quota di chi non può permettersi una vacanza annuale (31,4%) o spese impreviste (29,9%).

Anche il sistema sanitario mostra segni di cedimento: nel 2024, il 9,9% degli italiani ha rinunciato a visite o esami specialistici per via delle liste d’attesa troppo lunghe o per motivi economici.
Sul fronte educativo, l’Italia rimane indietro: oltre un terzo della popolazione adulta (34,5%) non possiede un diploma, e solo il 31,6% dei giovani ha conseguito un titolo di istruzione terziaria, ben lontano dall’obiettivo UE del 45%. L’abbandono scolastico tra i giovani stranieri è tre volte superiore alla media.

Il Paese continua a invecchiare: il 24,7% della popolazione ha più di 65 anni, e gli over 80 (4,6 milioni) superano ormai i bambini sotto i 10 anni (4,3 milioni). I centenari toccano un nuovo record: 23.500.
Parallelamente, le famiglie si frammentano: oltre un terzo (36,2%) è costituito da persone sole, mentre le coppie con figli rappresentano solo il 28,2%. Crescono le unioni libere e le famiglie ricostituite, segno di una società in profonda trasformazione.

Dal 1980 al 2023, l’Italia ha subito 134 miliardi di euro di danni da eventi climatici estremi, seconda in Europa solo alla Germania. Eppure, nonostante un aumento della produzione da fonti rinnovabili, il Paese è ancora in ritardo rispetto ai partner europei.
Nel 2024, la produzione industriale è calata del 4%, trainata al ribasso dalla contrazione nei beni strumentali, un segnale preoccupante per il futuro degli investimenti.