Troppe esperienze, poca sostanza: il paradosso del CV moderno

Curriculum la forma conta, ma è il contenuto che convince
Curriculum la forma conta, ma è il contenuto che convince

Lettera a chi cerca lavoro: il vostro curriculum parla per voi, fate attenzione a cosa dice

Nella mia carriera, oltre a essere editore, ho sempre avuto un ruolo diretto nella selezione del personale. Ho letto centinaia, forse migliaia di curriculum vitae. E se c’è una cosa che ho imparato sul campo è che chi legge un CV, se ne accorge subito quando è stato scritto senza criterio.

Spesso si pensa che basti un modello grafico accattivante o un elenco lungo di esperienze per fare colpo. Ma la verità è un’altra: un curriculum standardizzato, inviato in serie a decine di aziende diverse, non funziona. Chi si occupa della selezione lo capisce al volo. E molto probabilmente, non lo leggerà neanche fino in fondo.

Un CV non è un volantino pubblicitario

Personalizzare il curriculum non vuol dire mentire, ma vuol dire capire cosa serve a quell’azienda, per quel ruolo, in quel momento. Se avete tante esperienze, non serve elencarle tutte. Serve scegliere, sintetizzare, mettere in evidenza ciò che è davvero utile per chi vi leggerà.

Un CV troppo lungo, dispersivo o carico di dettagli irrilevanti non comunica professionalità. Comunica confusione. E, peggio ancora, mette in difficoltà chi deve valutarlo, costringendolo a cercare le informazioni importanti come se fossero nascoste (e spesso lo sono).

Il curriculum deve essere uno strumento chiaro, leggibile, concreto. Due pagine sono più che sufficienti. Il linguaggio deve essere diretto, il contenuto coerente. Ogni esperienza inserita deve avere un senso rispetto al ruolo per cui vi candidate.

L’estetica non basta

Negli ultimi anni va di moda curare molto l’aspetto grafico del curriculum. Nulla da dire: un buon layout può aiutare. Ma attenzione a non confondere la forma con la sostanza. Il contenuto resta centrale. Un CV ben impaginato, ma vuoto o generico, non convince nessuno.

Non servono effetti speciali. Serve chiarezza, concretezza, visione. Chi legge vuole capire se siete la persona giusta, se avete esperienza, se siete affidabili. E in pochi secondi decide se approfondire o passare al candidato successivo.

Quando troppe esperienze diventano un problema

A volte, perfino un curriculum ricco può diventare un segnale negativo. Mi è successo personalmente, durante una selezione. Avevo davanti un profilo con numerosi ruoli, anche interessanti, svolti in diversi settori. Ma ogni esperienza durava due mesi.

In quel momento, non ho potuto fare a meno di chiedermi: “Come mai nessun percorso è proseguito nel tempo?” La quantità di esperienze, in quel caso, ha generato più dubbi che certezze. E quel curriculum, nonostante il potenziale, è stato scartato.

Questo per dire che non è la quantità di lavori svolti a contare, ma la qualità e la coerenza del percorso. Meglio poche esperienze solide, ben raccontate, che una sfilza di incarichi brevi e non spiegati. Se ci sono motivi validi per certi passaggi rapidi, vanno chiariti. Altrimenti, il rischio è di apparire incostanti o inaffidabili.

La mia riflessione da imprenditore

Scrivo questo articolo perché continuo a ricevere curriculum redatti in modo approssimativo, senza visione, spesso identici tra loro. È evidente che manca ancora una cultura della candidatura consapevole. Il curriculum non è un documento da spedire in massa, ma una proposta ragionata, una presentazione mirata.

Il mio consiglio, da imprenditore che assume e da editore che osserva con attenzione il mondo del lavoro, è semplice: non standardizzate il vostro CV. Personalizzatelo. Siate sintetici. Puntate sull’essenziale. Raccontate il vostro valore, non solo i vostri titoli.

Chi legge un curriculum non cerca un elenco: cerca un motivo per scegliervi.

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