Le donne nel mondo del lavoro: precarietà, discriminazione salariale e contratti part-time involontari, mentre la Cgil chiede riforme strutturali per superare le disuguaglianze di genere
Il mondo del lavoro, ancora oggi, non risponde alle esigenze delle donne. Le statistiche lo confermano, così come le testimonianze dirette provenienti dai presidi sindacali. Le donne sono più frequentemente precarie, pagate meno degli uomini e spesso costrette ad accettare contratti part-time involontari, una condizione che non solo mina la loro indipendenza economica, ma impedisce loro di pianificare un futuro sereno, sia dal punto di vista professionale che personale. Questo quadro di disuguaglianza è ulteriormente aggravato da una cultura sociale impregnata di pregiudizi, che vede nelle donne un “rischio” per le aziende, in particolare per le possibili assenze legate alla maternità.
Lo denuncia Caterina Vaiti, segretaria confederale della Cgil Calabria, che in una recente dichiarazione ha sottolineato come il sistema di welfare italiano non supporti adeguatamente le donne. La mancanza di politiche efficaci per la cura dei figli, l’assenza di asili nido e la scarsa diffusione di congedi parentali maschili evidenziano un sistema che continua a relegare le donne a un ruolo subordinato, sia nel lavoro che nella gestione della famiglia.
Secondo Vaiti, le misure temporanee come i bonus e i bandi non sono sufficienti a risolvere le problematiche strutturali che colpiscono le donne nel mondo del lavoro. Questi interventi non sono in grado di contrastare la precarietà e la discriminazione salariale. Inoltre, la ridotta flessibilità del sistema lavorativo italiano, rispetto a quanto accade in altri paesi europei, non facilita l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, né garantisce loro tutele adeguate.
La Cgil chiede un cambiamento profondo, a partire da una contrattazione più forte e incisiva, ma anche dal dialogo sociale e dall’introduzione di strumenti come i referendum sul lavoro, promossi dalla confederazione. Questi strumenti, secondo Vaiti, rappresentano una vera e propria sfida per la democrazia e la partecipazione, con l’obiettivo di contrastare la precarietà e di restituire alle donne la possibilità di pianificare il proprio futuro professionale e familiare.
In particolare, la Cgil propone la reintroduzione dell’obbligo per i datori di lavoro di giustificare le assunzioni a termine inferiori a 12 mesi, per evitare l’abuso di contratti precari e promuovere il contratto a tempo indeterminato come standard. Un altro tema importante riguarda il rafforzamento dei diritti dei lavoratori, in particolare attraverso la possibilità di reintegrare tutti i dipendenti licenziati ingiustamente, indipendentemente dalla data di assunzione, e di garantire un risarcimento adeguato per il danno subito.
Sul fronte della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, la Cgil propone una maggiore responsabilità da parte dei committenti, chiedendo che siano riconosciute non solo le responsabilità generiche, ma anche quelle specifiche, permettendo ai lavoratori di ottenere risarcimenti diretti in caso di danno. Inoltre, il sostegno alla cittadinanza per i lavoratori stranieri, considerata una misura di civiltà, è vista come un passo importante verso l’inclusione e un riconoscimento del contributo fondamentale di questi cittadini al sistema economico italiano.
Caterina Vaiti conclude ricordando che, nonostante le difficoltà, le donne sono ancora le più colpite dalla disoccupazione, dalle disuguaglianze salariali e dalla necessità di fare i conti con un sistema di welfare che non le sostiene. La segretaria confederale si dice ottimista sul cambiamento che potrebbe venire dal coinvolgimento delle donne in un processo di partecipazione attiva, come quello dei referendum sul lavoro, che potrebbe finalmente restituire loro il ruolo di protagoniste nella lotta per l’uguaglianza e la giustizia sociale.