Lo scandalo del film mai realizzato: quando lo Stato finanzia il nulla e ignora la cultura vera
L’EDITORIALE | Uno sconosciuto, con un nome finto, un passaporto falso e un progetto cinematografico mai realizzato. È bastato questo a Francis Kaufmann – oggi in carcere in Grecia e sospettato di un duplice omicidio – per ricevere oltre 860mila euro dallo Stato italiano. Soldi pubblici, soldi della collettività, stanziati nel nome della cultura. O meglio, di quella che avrebbe dovuto essere cultura.
Il film si sarebbe dovuto chiamare Stelle della notte. Di esso non esiste nulla: nessuna scena girata, nessun set, nessun attore. Solo una locandina con la Fontana di Trevi e un vuoto colmato da 863.595,90 euro. Una cifra che, nel mondo reale della produzione artistica italiana, rappresenta una fortuna: quella che tanti registi, autori, compagnie teatrali, musicisti e operatori culturali non riescono mai ad avere, pur lottando ogni giorno per tenere viva la vera cultura di questo Paese.
Il caso è esploso grazie a un’inchiesta del sito Open, che ha svelato come questo individuo – sotto la falsa identità di “Rexal Ford” – abbia ottenuto il finanziamento attraverso un vuoto normativo: per le produzioni internazionali, non era necessario dimostrare l’effettiva lavorazione del film. Bastava un nome, una società partner (Coevolutions, formalmente esistente), e una domanda presentata anni dopo l’approvazione del progetto. Nessuno ha controllato. Nessuno ha chiesto.
E mentre Kaufmann si costruiva una doppia vita, tra falsi documenti e piani di fuga, la vera arte italiana continua a morire di burocrazia, tagli ai fondi, bandi scritti male e selezioni opache. Quanti progetti onesti, magari presentati da giovani calabresi o da compagnie teatrali del Sud, non riescono a ottenere nemmeno 10mila euro per una tournée, un videoclip, un laboratorio con i ragazzi?
Questa vicenda non è solo cronaca nera. È una ferita aperta al mondo culturale italiano. È il sintomo di un sistema che funziona solo sulla carta e che, nei fatti, premia i fantasmi invece della sostanza. Ed è anche una domanda scomoda che tutti noi, operatori dell’informazione culturale, dobbiamo continuare a fare: chi tutela davvero il valore della cultura in Italia?
Serve trasparenza. Serve competenza. Serve rispetto. Perché la cultura vera, quella che nasce nelle scuole di musica, nei teatri delle province, nei festival indipendenti, nei borghi della Calabria e di tutta Italia, non merita di essere sacrificata sull’altare della sciatteria istituzionale.
Oggi scopriamo che un truffatore è riuscito a prendere quasi un milione per un film mai girato. E domani? Chi difenderà la cultura autentica, quella fatta da artisti veri e non da illusionisti con il passaporto falso?