Gino Paoli e Danilo Rea incantano il Festival d’Autunno: un viaggio tra memoria, amore e musica senza tempo
Un pianoforte, una voce, e un’intesa capace di trasformare un palcoscenico essenziale in un luogo sospeso nel tempo. Così Gino Paoli e Danilo Rea hanno chiuso la quattordicesima edizione del Festival d’Autunno, diretto da Antonietta Santacroce, regalando al pubblico calabrese una serata di pura emozione.
Il concerto, dal titolo “Due come noi che…”, non è stato un semplice spettacolo, ma un incontro intimo tra generazioni, un dialogo tra passato e presente costruito sulle note di canzoni che hanno segnato la storia della musica italiana.
Un’intesa magica sul palco
Sin dalle prime note di Una furtiva lagrima, celebre aria tratta da L’elisir d’amore di Donizetti, il pubblico ha compreso di trovarsi davanti a qualcosa di speciale. L’arrangiamento di Rea e la sobria interpretazione di Paoli hanno trasformato un classico lirico in un momento di rara intensità emotiva. Da lì in poi, il concerto è diventato un continuo gioco di sguardi, improvvisazioni e complicità artistica: Rea esplora e reinventa, Paoli racconta e commuove.
Ogni brano vive di nuova vita, pur restando fedele alla propria essenza. Il pianoforte di Rea disegna nuove atmosfere, talvolta intime, talvolta virtuosistiche, mentre la voce di Paoli, intrisa di vissuto e poesia, conferisce alle canzoni un sapore di verità e nostalgia.
Le canzoni che hanno fatto la storia
Nel corso della serata, Paoli ha intrecciato le memorie personali con quelle collettive, passando dal proprio repertorio ai brani degli amici genovesi: Bruno Lauzi, Umberto Bindi, Fabrizio De André e Luigi Tenco. Il pubblico, accorso numeroso da ogni angolo della Calabria, ha accompagnato con applausi e commozione ogni passaggio.
La scaletta, equilibrata e ricca di sorprese, ha alternato momenti di intimità e virtuosismo. Dopo una toccante ’O sole mio, è arrivata una versione delicata di Sapore di sale, seguita da un medley pianistico mozzafiato in cui Rea ha unito Io che amo solo te di Sergio Endrigo, Ritornerai di Lauzi e Bocca di rosa di De André.
Il pathos ha raggiunto il culmine con Vedrai vedrai di Tenco, Il nostro concerto di Bindi e Una lunga storia d’amore. Non sono mancati omaggi alla tradizione napoletana, con Passione e Reginella di Libero Bovio, e alla chanson francese, con una raffinata rilettura di Que reste-t-il de nos amours? di Charles Trenet, arricchita da un tocco jazz con Tea for two.
Un finale senza fine
Il concerto si è chiuso con Senza fine, simbolico congedo che racchiude l’essenza stessa della serata: la musica come eterna compagna di vita.
Con questo intenso spettacolo, il Festival d’Autunno ha salutato la sua XIV edizione, confermandosi come uno degli appuntamenti culturali più amati e seguiti del Sud Italia. Un’edizione che ha unito musica, arte e passione, preparando il terreno a una prossima stagione che si preannuncia, ancora una volta, ricca di novità e grandi emozioni.
















