“Non al denaro non all’amore né al cielo”: Fabrizio De André

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Fabrizio De André "Non al denaro non all'amore né al cielo"

Non al denaro non all’amore né al cielo“, del 1971 è il quinto album d’inediti registrato da Fabrizio De André. Un concept album ispirato all’antologia di poesie di Spoon River. Poesie, già, perché Fabrizio De André, ha scritto poesie in musica, non semplici canzoni.

Non al denaro non all’amore né al cielo” è il titolo che ho dato all’articolo per parlare di Lui. Oggi che è il suo ventunesimo anniversario dalla sua morte.

“Tutti morimmo a stento”

Morte, un tema sempre vicino al cantautore, tanto che ci ha dedicato un intero album: “Tutti morimmo a stento” del 1968. Molti pensano che l’album in questione parli della morte in senso carnale del termine. Ma in realtà questo album non parla della morte corporale, bensì di quella psicologica, morale e mentale. A cui tutti, secondo De André, almeno una volta nella vita ci imbattiamo, prima di arrivare a quella vera.

“Quando perdi un lavoro, quando perdi un amico, muori un po’. Tant’è vero che devi un po’ rinascere, dopo!” (Fabrizio De André, intervista rilasciata ad Enza Sampò nel programma RAI “Incontri musicali: Fabrizio De Andrè” del 1969).

“Non al denaro non all’amore né al cielo”

Ma perché “Non al denaro non all’amore né al cielo”? Forse perché è un disco che parla di virtù e vizi. Vizi che per De André sono tanti e sono il campo di indagine su cui bisogna lavorare. Perché sulle virtù non c’è da migliorarsi, sui vizi sì, e come.

De André è stato un uomo pieno di vizi, ma è stato un uomo, forse a sua insaputa, pieno di virtù. Una in particolare, la sua capacità di poetizzare la prosa che lo circondava. La politica, le donne, l’amore, la morte, la pazzia, il carcere, la corruzione, la musica, il lavoro, la guerra. Tutto finiva tra le sue dita. Tutto finiva nei suoi versi, nella sua chitarra. Nella sua voce profonda, inimitabile.

Faber

Tutto assorbiva De André e tutto, o quasi, ha voluto raccontare. Gli episodi spiacevoli della sua vita non lo hanno fermato. Fino ad un certo punto. Quando, dopo un concerto a Roccella Jonica (RC), un forte dolore al torace e alla schiena gli ha impedito di proseguire il suo tour.

E da lì la diagnosi di un carcinoma polmonare e l’avanzare di una malattia. Malattia che non ha impedito a “Faber”, però, di continuare a lavorare con il poeta e cantante Oliviero Malaspina al disco di Notturni progetto che però non vede mai la luce.

La luce invece probabilmente Fabrizio l’ha vista, quando si è spento alle 2:30 dell’11 gennaio 1999, un mese prima di compiere 59 anni, nell’Istituto dei tumori di Milano in cui era ricoverato.

Concludo con dei versi di una canzone di Faber, “Il suonatore Jones”, contenuta nel concept album che ha dato vita a questo articolo:
“Finì con i campi alle ortiche

finì con un flauto spezzato

e un ridere rauco

e ricordi tanti

e nemmeno un rimpianto”.

P.S. Faber per me rinasce ogni volta che lo ascoltiamo!