“Una vita da sogno”corto di Nando Morra: recensione di Rossella Paone

"Una vita da sogno" di Nando Morra - foto set

“Una vita da sogno” recensione di Rossella Paone

“Voglio essere libero di decidere della mia vita fino alla fine…” Questa “preghiera sussurrata” racchiude la perfetta sintesi del cortometraggio Una vita da sogno, scritto, diretto, interpretato e prodotto da Nando Morra. Il contenuto è forte e sempre attuale, poiché accende i riflettori sul tema delicato e ampiamente discusso dell’eutanasia; la riflessione è da far accapponare la pelle per la ragione che apre al bivio più temuto: quello tra la vita e la morte.

Pietro, interpretato da Nando Morra, è un padre, un marito, un fratello, uno sportivo che, a causa di un brutto incidente stradale, riporta gravi danni alla colonna vertebrale, che lo costringono alla completa immobilizzazione, e la compromissione dell’uso del linguaggio. La sua vita cambia radicalmente al punto da indurlo a domandarsi se possa definirsi ancora tale.

Coraggioso, Morra, a rappresentare, in poco più di dieci minuti, un argomento sul quale si potrebbe discutere per ore senza sciogliere necessariamente il bandolo della matassa. Eppure, in diversi, hanno le idee chiare sul “sottile”, a volte, passaggio dalla vita alla morte, e Morra riesce a mostrare, in questo accurato lavoro, la sua versione dei fatti, coinvolgendo lo spettatore sino a fargli porre delle domande piuttosto che voltarsi dall’altra parte per il terrore che certe riflessioni mettono addosso; e lo fa a prescindere dall’essere d’accordo o in disaccordo con il suo punto di vista.

In un sogno di tre minuti, poi, tutta la bellezza della vita, di una vita intera, il sorriso, la gioia di ritrovarsi, la libertà, il mare che, forse, più di ogni altro “paesaggio” evoca la ricerca di se stessi e la voglia di ritrovarsi. Anche in un’altra dimensione. L’espressione che disegna il finale, invece, segna l’epilogo emozionante, ossia l’amore prima di tutto, delle scelte giuste, di quelle sbagliare, e, soprattutto, del dolore. Di grande impatto la scelta musicale, accorta e che si incastona bene con la profondità delle parole. Parole che graffiano il cuore e lasciano per sempre, impressi, i segni del loro significato. Molto bravi nella loro interpretazione gli attori: Ilenia Zanfardino veste i panni della piccola Chiara, Gregorio Del Prete e Thayla Orefice, rispettivamente nei ruoli difficili, dal punto di vista prettamente emotivo, di Eduardo, fratello di Pietro e medico, e Giulia, moglie di Pietro e madre della loro bambina. Naturalmente Nando Morra nel suo personaggio chiave.

La frase depositata sul finale, poi, è la giusta cornice che custodisce un quadro tutto da interpretare: “La libertà non consiste tanto nel fare la propria volontà, quanto nel non essere sottomessi a quella altrui” di Jean- Jacques Rousseau.