«La morte non è un tramonto che cancella tutto, ma un passaggio, una migrazione e l’inizio di un’altra vita per ogni vita». Le parole di Cicerone descrivono assai bene il senso della Pasqua, del contrasto eterno tra morte e vita, con la prima apparentemente destinata a prevalere su tutto. Del resto, le ombre che ci accompagnano nella quotidianità sembrano confermare questa sensazione: il lavoro che non c’è, la ‘ndrangheta che si espande, il malcostume che dilaga, i giovani che continuano a partire per terre lontane. E su ogni cosa continua ad aleggiare lo spettro della pandemia, che mette a nudo non solo le deficienze antiche di un sistema sanitario a brandelli, ma anche l’architettura complessiva di una società e di un modello economico che dimostra i propri limiti e debolezze nel momento in cui riafferma la volontà di perseguire il profitto anteponendolo alla cura ed all’interesse della persona. Insomma, è tale e tanta la gravità dei problemi presenti che – proprio come quando ci si ritrova al cospetto della morte – sembra difficile intravedere una via d’uscita, pure perché, come annotava già Emil Cioran, «l’originalità del nostro tempo è di aver svuotato l’avvenire di ogni contenuto utopico, quanto dire dell’errore di sperare». Eppure, la rassegnazione e la resa, o ancor peggio la fuga o il far finta di niente, non sono la soluzione. Lo testimonia proprio la Pasqua, simbolo della vita che trionfa sulla morte: cos’è, la Resurrezione, se non liberazione dal peccato e dall’ingiustizia, sguardo oltre i confini del presente, con il cuore lanciato al di là di ogni ostacolo? Come si domanda (e domanda) Papa Francesco, «che cosa significa che Gesù è risorto? Significa che l’amore di Dio è più forte del male e della stessa morte; significa che l’amore di Dio può trasformare la nostra vita, far fiorire quelle zone di deserto che ci sono nel nostro cuore». È il mutamento di prospettiva: l’uomo, chiunque sia, è speranza. «Se sperare contro ogni speranza è eroico, il non sperare è angoscia mortale», scriveva Carlo Carretto. È la speranza, dunque, il seme da piantare per veder germogliare il cambiamento che vogliamo, per se stessi e per gli altri: nessuno è luce per sè, in quanto non si accende una lampada per metterla sotto il moggio, bensì sul candeliere perché faccia luce.Come Cristo che risorge in mezzo alla devastazione dei cuori e delle menti, allora, possa ognuno di noi rischiarare se stesso e l’altro, per rendere migliori la propria esistenza e quella del prossimo. Di cuore, auguri. Buona Pasqua
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