Cibi ultra-processati? Dimagrire diventa più difficile

Cibi processati e non
Cibi processati e non

Uno studio dell’University College London, pubblicato su Nature Medicine, rivela che scegliere alimenti minimamente elaborati può raddoppiare la perdita di peso rispetto a una dieta ricca di cibi ultra-processati

Dimagrire non è solo questione di calorie e proporzioni tra carboidrati, proteine e grassi. Anche la qualità e il grado di lavorazione degli alimenti fanno la differenza.

Lo studio dell’University College London ha monitorato un ampio campione di volontari mantenendo invariato l’apporto calorico e il bilanciamento dei nutrienti. Il risultato è netto: chi ha seguito un regime alimentare ricco di cibi minimamente processati ha perso in media il doppio del peso rispetto a chi ha consumato soprattutto alimenti ultra-processati.

Secondo i ricercatori, questa disparità potrebbe dipendere da vari fattori: la minore densità nutrizionale degli ultra-processati, la presenza di ingredienti che alterano il senso di sazietà e un possibile impatto negativo sulla flora intestinale.

«Questo studio dimostra che non basta contare le calorie: bisogna anche considerare la qualità del cibo», sottolineano gli autori. «Privilegiare alimenti freschi e poco elaborati può avere un effetto significativo sulla perdita di peso e sulla salute generale».

Con il termine “cibi processati” si indicano alimenti che hanno subito una trasformazione rispetto al loro stato naturale, attraverso procedimenti industriali o domestici volti a migliorarne il gusto, la conservazione o la praticità. Questo processamento può essere molto leggero o molto intenso, e non è necessariamente negativo in sé.

Gli esperti distinguono tre livelli principali.

I cibi minimamente processati subiscono trattamenti semplici — come il lavaggio, il taglio, la surgelazione o la pastorizzazione — e mantengono quasi intatte le loro proprietà originarie: è il caso di insalata già lavata, verdure surgelate, latte pastorizzato o frutta secca sgusciata.

I processati veri e propri prevedono l’aggiunta di ingredienti come sale, zucchero, olio o spezie per modificarne il sapore o aumentarne la durata di conservazione: rientrano in questa categoria pane, formaggi, tonno in scatola o verdure sott’olio.

Infine, gli ultra-processati sono prodotti industriali che contengono ingredienti assenti nella cucina tradizionale — come coloranti, emulsionanti o aromi artificiali — e spesso una lunga lista di additivi: snack confezionati, bibite gassate, merendine e piatti pronti surgelati ne sono esempi comuni. La differenza principale sta quindi nel grado di trasformazione e negli ingredienti aggiunti.

Il messaggio finale è chiaro: ridurre al minimo i cibi ultra-processati non è soltanto una scelta alimentare, ma una strategia concreta per vivere meglio e più in salute.