Perché i grandi invalidi del lavoro non hanno diritto alla priorità?

Grandi invalidi, repertorio
Grandi invalidi, repertorio

Quale potrebbe essere lo stato d’animo di “un grande invalido del lavoro” – con tanto di tesserino recante il codice “L01” ad attestarlo – che fa fatica ad andare avanti a causa della menomazione subìta ed ha lottato per vedersi riconosciuta la propria condizione, nel ritrovarsi a non far parte delle categorie alle quali è assegnata una priorità nel momento in cui si reca a fare le analisi del sangue?

E’ lo stesso Alessandro Critelli, che da anni subisce questa disparità di trattamento, a rispondere a nome di tutti gli “L01”: “E’ da tempo che assisto, all’ospedale Pugliese, all’Umberto I e in tutti i luoghi afferenti all’Asp di Catanzaro, al non riconoscimento della categoria alla quale appartengo – dichiara Critelli all’ufficio stampa del CSV di Catanzaro – I grandi invalidi del lavoro non rientrano, infatti, nella categoria generica degli invalidi, accanto alla quale c’è quella dei pazienti oncologici, dei bambini fino a sei anni, dei trapiantati, delle donne in gravidanza e dei pazienti con sclerosi multipla, che hanno diritto alla priorità. Noi grandi invalidi del lavoro ritiriamo il numero per le file ordinarie come tutti gli altri, e nessuno sa dirci perché”.

Non sa spiegarsi il perché di questa disparità nemmeno Luigi Cuomo, presidente della sezione provinciale dell’Anmil (Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro) alla quale Critelli è iscritto: “I grandi invalidi del lavoro sono quei lavoratori a cui è riconosciuta un’inabilità compresa tra l’80% ed il 100% – spiega il presidente Cuomo – Non si capisce perché nessuno nelle strutture sanitarie abbia pensato di comprendere nella categoria degli “invalidi” anche gli “L01”, che a causa di una grave infortunio sul lavoro si ritrovano a dover convivere con uno stato permanente di disabilità”.

L’auspicio è che si tratti di una mera “disattenzione” da parte dei vertici dell’Asp alla quale si possa porre rimedio in tempi celeri, come segno di rispetto nei confronti di una categoria che di colpo si è ritrovata a dover fare i conti con una menomazione fisica che ha i suoi effetti anche a livello mentale, e che di certo ha bisogno di essere considerata.