Pensionato lancia il cagnolino dal balcone, cosa rischia chi uccide un animale?

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La notizia ha dell’incredibile ed è atroce. Un pensionato di Agrigento ha ucciso il proprio animale lanciandolo dal balcone di casa sua. Sono ancora ignoti i motivi del terribile gesto avvenuto un paio di giorni fa e compiuto dall’uomo di 79 anni che con una violenza inaudita ha scaraventato un cane di piccola taglia dal secondo piano causandone la morte.

Un gesto che è avvenuto in via Mario Rapisardi e che è stato subito segnalato dai vicini di casa increduli da tanto orrore.

Sul posto sono poi intervenuti i carabinieri che hanno denunciato l’uomo alla Procura di Agrigento per il reato di uccisione di animali. Si tratta di un reato per il quale sono previste pene severe, incluso il carcere.

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Cosa rischia chi uccide un animale?

A grandi linee, vediamo a cosa va incontro chi fa del male a un animale.

In generale, vale la regola che si tutela per il sentimento verso gli animali, cioè la sensibilità degli esseri umani nei confronti degli animali.

Secondo il Codice Penale, l’uccisione di un animale è un reato previsto dall’art. 544-bis ai sensi del quale: «Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da 4 mesi a 2 anni.  Le circostanze afferenti al caso di necessità contemplano tutti gli espletamenti dei bisogni fisiologici e spirituali. È quindi consentita l’uccisione a fini alimentari e rituali.»

Il motivo della norma va individuato nell’esigenza «di tutelare l’esistenza in vita di qualsiasi animale domestico, selvatico o addomesticato, ponendolo al riparo da atti di crudeltà o non necessari».

Secondo la Corte Suprema, «la crudeltà è di per sé caratterizzata dalla spinta di un motivo abietto o futile. Rientrano nella fattispecie le condotte che si rivelino espressione di particolare compiacimento o di insensibilità».

Uccidere un animale per maltrattamento è un reato preterintenzionale con l’aggravante della morte dello stesso animale e si applica la regola di cui all’articolo 83, comma 1, del codice Penale.

Chi maltratta un animaletto può subire una sanzione pecuniaria che potrebbe andare dai 5.000 ai 30.000 euro ed è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi. La pena è aumentata della metà se dai fatti cui al primo comma deriva la morte dell’animale.

L’azione esecutiva che costituisce il reato può essere integrata da diverse fattispecie:

  • cagionare una lesione
  • sottoporre un animale a sevizie o comportamenti o fatiche o lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche
  • somministrare ad un animale sostanze stupefacenti o vietate
  • sottoporre un animale a trattamenti che procurino un danno per la sua salute.

Ovviamente, non è reato sopprimere un animale. La legge italiana prevede l’eutanasia, ma le condizioni devono essere valutate dal veterinario.

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