La storia di Sofia: un incubo durato quattro ore che ha sconvolto l’Italia

Sofia e la finta infermiera un rapimento che lascia sgomenti (immagine archivio)
Sofia e la finta infermiera un rapimento che lascia sgomenti (immagine archivio)

La piccola Sofia rapita e ritrovata a Cosenza: il dramma di una famiglia, il coraggio della polizia e i risvolti di una storia ancora da chiarire

Un rapimento lampo che ha scosso l’intero Paese, conclusosi per fortuna con il ritorno a casa della piccola Sofia, neonata sottratta ieri pomeriggio dalla clinica Sacro Cuore di Cosenza. Una vicenda che ha tenuto tutti col fiato sospeso per quattro ore, culminata con l’arresto di Rosa Vespa, 51 anni, e con la posizione ancora da chiarire del marito Aqua Moses, 43 anni.

La donna, spinta da un’ossessione per la maternità, aveva simulato una gravidanza per nove mesi, ingannando familiari e amici. Aveva raccontato a tutti che aspettava un maschietto e, nel giorno del rapimento, la sua casa era già pronta per accogliere il finto neonato: decorazioni, una culla e una tutina azzurra. Mentre Rosa si spacciava per infermiera e portava via la piccola Sofia, il marito, secondo le sue dichiarazioni, era all’oscuro di tutto.

Il ruolo del marito: complice o vittima?
Durante la conferenza stampa tenuta dal questore Giuseppe Cannizzaro, è emerso un dettaglio cruciale che potrebbe cambiare il corso dell’indagine. L’uomo, inizialmente considerato complice, ha mostrato atteggiamenti che farebbero pensare alla sua estraneità ai fatti. «È una posizione che stiamo valutando attentamente», ha dichiarato Cannizzaro. «Potrebbe non aver avuto idea del rapimento e aver creduto davvero che la moglie avesse partorito».

La polizia, grazie all’analisi delle telecamere di sorveglianza e a un’efficace operazione coordinata, è riuscita a individuare la coppia nella loro abitazione di Castrolibero. Qui è stato rinvenuto tutto il necessario per accogliere il presunto neonato, compresa Sofia, ritrovata in una culla, vestita con una tutina azzurra per mantenere la finzione di un maschietto.

Le parole della madre: «Siamo morti e poi risorti»
Il dolore e la paura provati dalla famiglia di Sofia sono indescrivibili. «Siamo morti e poi risorti», ha dichiarato la giovane madre, ancora scossa dall’accaduto. «Pensavo che non l’avrei mai più rivista. Quei momenti di angoscia sono stati un inferno». Sofia è la secondogenita di una coppia giovane e umile: il papà, 26 anni, commesso in un supermercato, e la mamma, 24 anni, casalinga.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha voluto esprimere il suo ringraziamento alle forze dell’ordine per l’operazione impeccabile. «Grazie agli agenti che hanno lavorato senza sosta per riportare Sofia ai suoi genitori», ha dichiarato, sottolineando l’importanza di un sistema di sicurezza che ha funzionato in maniera tempestiva.

Una Calabria e un’Italia sgomente
La vicenda ha lasciato un segno profondo non solo a Cosenza, ma in tutta Italia. Sui social si moltiplicano i messaggi di sconcerto e riflessione. «Una storia agghiacciante: una donna che arriva a rapire una neonata pur di portare avanti una bugia», scrive un utente su Twitter. «Il marito non sapeva nulla? Sembra incredibile, ma se fosse vero sarebbe ancora più triste», commenta un altro.

Nel frattempo, la comunità si interroga su come sia potuto accadere un episodio tanto grave in una struttura sanitaria. «Servono maggiori controlli per garantire la sicurezza dei neonati e delle famiglie negli ospedali», è il coro unanime che risuona sui social e nelle piazze di Cosenza.

Sofia è finalmente tornata a casa, tra le braccia dei suoi genitori. La loro vita, però, non sarà mai più la stessa. La loro storia resta un simbolo di fragilità e ci ricorda quanto sia importante proteggere i più deboli e fare luce su quei lati oscuri della mente umana che possono trasformare un sogno in un incubo.

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