Sulle tracce del mosto: storia e miti dell’arte della vinificazione

antica vinificazione
antica vinificazione

Un’esplorazione nei metodi antichi della vinificazione, dall’antica pratica di schiacciare l’uva con i piedi al mistero dei torchietti

La tradizione vinicola antica racconta di un processo artigianale ormai tramandato nei secoli. Dai primordi della raccolta dell’uva fino alla creazione della pregiata grappa, ogni fase della vinificazione rappresentava un rituale tramandato di generazione in generazione.

Un tempo, le vigne regalavano i loro frutti, che venivano accolti in grandi ceste e trasportati fino al grande tino tramite una macchina rudimentale: la macchina per schiacciare l’uva. Sopra il tino, un semplice marchingegno a rulli dentati azionati da una manovella schiacciava l’uva rovesciata al suo interno. Questa operazione poteva essere svolta da una o più persone contemporaneamente. Il risultato di questo antico procedimento era il mosto, la base fondamentale per la creazione del vino, che veniva controllato attentamente durante il processo di fermentazione.

Gli acini rimanenti, esposti al rischio di ammuffire, richiedevano un’attenzione particolare. Era necessario utilizzare uno specifico utensile, simile a una cucchiaia o una paletta, per spremerli e ottenere ulteriore mosto. Questo metodo non solo evitava la formazione di muffa, ma consentiva di estrarre ogni singola goccia di succo dall’uva.

Dopo il periodo di fermentazione necessario, il vino era pronto per essere raccolto con secchi e trasferito per il processo di maturazione nelle botti. Successivamente, si procedeva con il torchiatura, un passaggio cruciale nel quale il mosto veniva sottoposto a una pressione ulteriore per estrarre gli ultimi residui di succo. Ciò che rimaneva, noto come vinacce, veniva impiegato nella produzione della pregiata grappa, suggellando così il ciclo della produzione vinicola.

Prima dell’introduzione dei rulli per lo schiacciamento, l’uva veniva calpestata direttamente con i piedi, rappresentando una pratica molto comune in tempi antichi. Una curiosa leggenda narra che ai bambini venisse raccontato che coloro che si occupavano di questa operazione “aggiungevano” un ingrediente particolare al mosto, per dissuaderli dall’assaggiare il vino non adatto alla loro giovane età.

Il torchio, uno strumento chiave in questo processo, si presentava in due varianti: una più antica, costituita da una botte con aste di legno intervallate, e una più moderna, ma sostanzialmente simile alla precedente. Il vino veniva raccolto in una bacinella e poi delicatamente travasato più volte nelle botti per conservarne la qualità e le caratteristiche uniche.

Oggi, la tradizione vinicola ha abbracciato l’evoluzione tecnologica, ma l’eredità e l’arte di questi antichi metodi di produzione del vino persistono ancora, mantenendo vivo il ricordo di un tempo in cui il lavoro manuale e l’attenzione al dettaglio erano la chiave per ottenere un vino di qualità superiore.