Moka Bialetti: storia di un’icona, dal successo ai conti in rosso

La famosa pubblicità della Moka e l'omino coi baffi (fonte: curiosando)

È l’alba: il cielo si colora, sono le prime luci del nuovo giorno. Nelle case silenziose degli italiani pian piano inizia ad accendersi qualche luce, si iniziano a sentire i primi passi tra una stanza e un’altra, tra un appartamento e un altro. Quella della cucina è sicuramente la luce più riconoscibile e calda; poi, un rumore di tazzine e il gas che si accende. È tempo del rito del caffè, della sua preparazione: è l’ora della Moka, del suo sobbollire, del suo inconfondibile profumo che inonda la casa e che raggiunge anche gli appartamenti adiacenti. E non c’è italiano che non si svegli veramente la mattina se non dopo un caffè bollente. Dopo di esso può iniziare tranquillamente la giornata.

Se per tante persone il caffè espresso con le cialde è entrato nell’uso quotidiano, non si può non dire che tantissime persone ancora oggi preferiscano la Moka, un po’ per tradizione, ma anche perché quello di questa particolare caffettiera ha un sapore completamente diverso e ci conforta.

Storia di un prodotto di design conosciuto in tutto il mondo

Nel 1905 il caffè espresso veniva realizzato dalle famose macchine a caldaia Pavoni. L’utilizzo era delegato nei locali dei bar poiché necessitavano di personale esperto e soprattutto di spazio. La gente che voleva gustare un caffè, offerto nelle famose tazzine da bar, si doveva recare quindi nei locali pubblici. Si trattava di macchinari tecnologicamente avanzati che non potevano essere utilizzati nelle abitazioni domestiche perché erano ingombranti e di non semplice utilizzo.

– Alfonso Bialetti e l’antenata della lavatrice moderna

Nel 1933, Alfonso Bialetti osservava la moglie mentre faceva il bucato. A quei tempi non esisteva la lavatrice e le massaie usavano la “liscisveuse“, una specie di pentolone dotato di un tubo che sfruttava l’acqua risalente in ebollizione e distribuiva il sapone, la liscivia, per il lavaggio dei panni.

Semplice pensare al caffè, no?

Certamente non è proprio da tutti pensare a una macchina del caffè guardando un prototipo di lavatrice, ma ai geni questo è concesso. Sì, perché nonostante Bialetti non fosse un uomo di grande cultura aveva la mente di un inventore e di un imprenditore.

Il giovane Bialetti era nato alla fine dell’800 a Casale Corte Cerro, un periodo abbastanza difficile che lo portò a emigrare in Francia dove lavorò come fonditore in una fabbrica di alluminio. Nel 1918 rientrò in Piemonte, per l’esattezza a Crusinallo di Omegna, sul lago d’Orta dove apre una sua fonderia “Alfonso Bialetti & C. Fonderia in conchiglia”.

La sua idea si potette realizzare grazie all’alluminio che ai tempi del fascismo era di gran moda, anzi possiamo dire con assoluta certezza che era un vero e proprio simbolo della dittatura fascista. Inoltre, l’alluminio era un metallo forte, resistente e luccicante. Simile all’argento che lo nobilita a entrare nelle case anche ricche.

Quindi, nel 1933, grazie all’antenata della lavatrice inizia la produzione della Mokache fa l’espresso come quello del bar”. Chiaramente si riferiva all’espresso dell’epoca, diverso da quello attuale con la cremina. Il nome fu scelto ricordando la città Mokhā, nello Yemen, famosa esportatrice di una varietà di caffè estremamente gustosa e riconosciuta per la sua alta qualità.

La produzione della Moka è artigianale, ma diventa ben presto il simbolo della modernità. La Moka Express Bialetti non entra solo nella storia del caffè, cambiandone il modo di farlo, ma cambia soprattutto le abitudini degli italiani che prima di andare al lavoro, possono gustare il caffè a casa senza passare dal bar. L’invenzione della moka rivoluzionò l’abitudine di bere il caffè, grazie a uno strumento relativamente economico e facile da usare. Se inizialmente ci si ritrovava nei bar per chiacchierare e per conoscersi, ora gli amici possono passare da casa per un incontro più amichevole e intimo.

L’inventore e imprenditore Alfonso Bialetti (fonte: sito ufficiale Bialetti)

Inizialmente, la Moka Bialetti era venduta direttamente dal suo ideatore presso le fiere, ma con l’arrivo del figlio Renato Bialetti la distribuzione cambia radicalmente arrivando a essere un prodotto industriale.

La Moka Bialetti arriva nelle case di tutto il mondo

Il giovane Renato quando ritorna dalla guerra e dal campo di concentramento, prende le redini dell’azienda di famiglia. Le sue idee saranno fondamentali e probabilmente senza il suo intervento oggi ricorderemmo la Moka come un’invenzione antica che non conobbe futuro.

Renato Bialetti attuò una strategia aziendale molto efficace. Non solo industrializzò la società, ma fece fare una campagna pubblicitaria che ancora oggi è un’icona del marketing.

– L’Omino con i baffi, in ricordo dell’inventore

La famosa pubblicità dell’omino con i baffi è datata 1953. Renato Bialetti, onorando la figura paterna, abbozza un omino dai baffi strani: una figura simpatica di un uomo che alza il dito, come si fa quando si entra nel bar a chiedere il caffè. Creata dal genio Paul Campani riportò la caricatura dello stesso Renato Bialetti come logo della caffettiera. Il personaggio animato che conosciamo tutti divenne un simbolo degli spot pubblicitari della Bialetti che venivano trasmessi durante il programma televisivo Carosello. La campagna pubblicitaria si allargò in tutto il mondo. Non furono usati solo i mezzi di comunicazione e le affissioni per le strade, ma anche delle installazioni fisiche della macchinetta del caffè in versione gigante.

Il simbolo della Moka Bialetti (fonte: sito ufficiale)

Da allora la Moka si diffuse rapidamente in tutto il mondo e si arrivò a produrre oltre 1 milione di pezzi l’anno.

La Bialetti arrivò a produrre 18.000 caffettiere al giorno. Si stima che dagli anni ’50 a oggi siano state vendute circa 300 milioni di caffettiere.

Il progetto geniale di Bialetti riprendeva le forme dell’Art Déco, bello da vedere e innovativo. Sostituiva quella comunemente conosciuta come “caffettiera napoletana” e altre tipologie non italiane.

Gli anni ’70 e la crisi dell’azienda Bialetti

Se il boom economico ha aiutato l’azienda a migliorare e ad arricchirsi, negli anni ’70 inizia un lento declino. Ci fu un calo delle vendite dovute alla concorrenza di altri produttori che facevano macchinette del caffè più economiche, simili nella forma e aventi le stesse funzioni, anche in acciaio. Poi, ci fu l’avvento e la produzione delle macchine del caffè a cialde che minacciarono l’uso della Moka stessa.

La famiglia Bialetti fu così costretta a cedere l’azienda di famiglia a terzi. Nonostante la cessione, negli anni successivi l’azienda ha visto altri cambiamenti societari. La fusione con un’altra azienda famosa – la Rondine Italia – porta il marchio Bialetti, prodotto da “Bialetti Industrie“, società quotata in borsa dal 2007 che ancora oggi utilizza il logo originale.

Oggi è facile trovare delle caffettiere in tutte le case italiane e del mondo. Anche se prodotti da aziende diverse, l’appellativo resta sempre quello di “Moka” perché non è più un nome ma un vero e proprio oggetto domestico. Se un nome di un oggetto diventa un sostantivo, significa che quel prodotto non ha avuto precedenti. Chiamiamola “macchinetta”, chiamiamola “caffettiera”, la Moka resterà sempre una Moka.

La Moka non solo un’invenzione rivoluzionaria, ma anche un oggetto di design

Oggi una Moka è presente nella collezione permanente della Triennale di Milano e anche in quella del MoMA di New York.

Nel 2010, all’Expo di Shanghai, la Moka è risultata tra le dieci invenzioni italiane che hanno cambiato il mondo. Nel 1996, era entrata nel Guinness dei primati grazie all’esemplare unico, ma perfettamente funzionante, della bellezza di 100 tazze.

Chi è un intenditore di Moka sostiene che la caffettiera ideale sia quella di tre tazze, ma è innegabile che il vero gusto italiano è in tutte le sue dimensioni.

Sia da soli che in compagnia, zuccherato o amaro, una tazza di caffè solleva il morale e la giornata. Infatti, a dare calore e profumo in una stanza bastano le prime gocce della Moka sul gas.