“Fermiamo la guerra in difesa del popolo curdo”

Siria, popolazione in fuga dopo gli attacchi
Siria, popolazione in fuga dopo gli attacchi

I Sindacati CGIL, CISL e UIL a Cosenza, in piazza, per lanciare un appello di pace

Un appello contro i bombardamenti turchi sulla Siria del Nord, sul territorio curdo, che da giorni preoccupano l’interno pianeta. I sindacati CGIL, CISL e UIL preoccupati dalla sanguinosa escalation militare di questi giorni hanno manifestato chiedendo al governo italiano di intervenire immediatamente per fermare l’ennesima azione barbarica in territorio siriano.

250 000 vittime in Siria, conteggiate tra i civili dal giorno dell’attacco. Bisogna intervenire e dire no alla guerra, no alla violenza. Andare in contro ad un popolo che ha dato tanto al mondo e all’Europa per la libertà e la liberazione da quello che è stato il terrorismo internazionale. “Il popolo Curdo e le donne curde sono stati in prima linea a liberarci dall’Isis e a contribuire per una pace internazionale”, ha sottolineato Angelo Sposato, CGIL Calabria.  

Tonino Russo, in rappresentanza della CISL Calabria ha dichiarato che la guerra è un’avventura senza ritorno e lancia un appello:” l’Europa deve assumere posizioni chiare ed aprire un dialogo, vale per questo attacco in Siria, vale per tutte le forme violente che ci sono nel continente”.

Santo Biondo, UIL Calabria ha parlato invece di un progetto europeo di rilancio che parte da questa situazione in Turchia per sviluppare pace e dialogo. Il tutto può essere arginato – il medio-oriente è in ebollizione da molti anni. Serve un intervento da parte delle comunità internazionali d’Europa, dell’Onu ed un impegno forte dell’America –.

La situazione attuale in Siria

Mercoledì 9 ottobre alle 16,00 è iniziato l’attacco turco. Nel giro di poche ore si sono registrate ondate di persone sfollate in fuga dal confine turco-siriano per mettersi al riparo dai bombardamenti.

In alcune zone mancano sia medicinali che acqua. La popolazione dunque nuovamente sotto attacco, dopo aver già abbandonato le proprie case almeno una volta in questi 8 anni di conflitto.

Sono state colpite le principali città al confine, tra cui Kobane, simbolo della resistenza curda contro Daesh. La Turchia ha bombardato anche la località di Ein aissa, a 50 km dal confine turco quindi fuori dalla safety zone (32 km) dichiarata da Erdogan.

A partire dal giorno dell’attacco della Turchia in Nord Est della Siria, l’aviazione turca ha bombardato il presidio sanitario d’emergenza della città di Serekanyie/Ras Al Ain.

Alcuni medici sono stati feriti e le ambulanze sono state danneggiate. Colpire le strutture mediche, il personale medico-sanitario, gli operatori umanitari, è una gravissima violazione del Diritto Umanitario e delle Convenzioni di Ginevra.

Si tratta di un atto inaccettabile, che mette a serio rischio la possibilità di continuare a fornire cure e assistenza ai civili che ne hanno bisogno.

“Se l’offensiva non verrà fermata ci sarà una crisi umanitaria”, dichiara Pedro, medico di UPP (“Un Ponte Per…”, associazione per la solidarietà internazionale ed organizzazione non-governativa).

E prosegue:” la prima volta che sono entrato a Raqqa, due anni fa, non ho trovato un edificio in piedi. Queste persone hanno perso tutto. Solo adesso iniziavano a rialzarsi in piedi, in maniera pacifica stavano ricostruendo la loro vita e invece hanno deciso di togliergliela. Bisogna fermare questo piano di morte”.

Abbandonare quest’area e la popolazione curda, che ha avuto un ruolo fondamentale nel contenimento e nella sconfitta di Daesh, sarebbe gravissimo, e rappresenterebbe un tradimento dei valori stessi per i quali tante vite sono state sacrificate.