Filosofia e musica, l’in-cantautore poco noto Claudio Baglioni

Filosofia e musica

Ho acquistato un libro che lega Claudio Baglioni alla filosofia un po’ per curiosità e un po’ perché ammiro chi osa e ha il coraggio di andare oltre le apparenze.

Il professore che lo ha scritto non dedica solo un saggio alla musica e alle liriche di Claudio Baglioni, va oltre, ne cerca l’essenza, attraverso un’analisi originale, cogliendo l’aspetto filosofico all’interno di una poetica pressoché sconosciuta a tanti.

Cosa c’entra la filosofia con Claudio Baglioni?

Come potrebbe creare il “cantore dei buoni sentimenti adolescenziali” contenuti relativi alla scienza per eccellenza e magari tracciare un filo conduttore per la ricerca dei principi – o del sommo principio – della realtà?

Eppure, questo libro un suo senso ce l’ha, eccome. Si racconta il concetto di meraviglia filosofica di un artista, ma soprattutto di un uomo, che parla a una umanità varia, attraverso riflessioni sulla stessa vita, e tutto ciò avviene come in un viaggio dove l’uomo è sempre al centro dell’universo: al centro di un frammento della vita, di un nuovo giorno.

La poetica di Claudio Baglioni è semi sconosciuta

Diciamoci la verità: Claudio Baglioni lo conoscono veramente poche persone.

A di là di una ventina di canzoni, il grande pubblico non conosce nulla e quelle venti canzoni non sono neanche rappresentative, se vogliamo dirla tutta, poiché il grande mago incantautore ha scritto finora circa 400 canzoni e il contenuto lirico è spesso di altissimo valore.

Il Viaggiatore Claudio Baglioni è «Un progetto per il quale, prima ancora della ricerca di note e parole, occorreva dar vita all’interno “sistema” – temporale, fisico, ideale, “filosofico” – nel quale ambientare la vicenda. Un lavoro di lenta e meticolosa costruzione in cui ogni passaggio, ogni elemento, ogni segno (grafia, immagine, colore, parola, suono) concorre a definire l’universo che ospita, accompagna e “provoca” il Viaggiatore.»

Queste sono le parole dello stesso Baglioni quando alle porte del 2000 uscì uno dei suoi album più complessi: “Viaggiatore” (sulla Coda del Tempo). Un disco, un’opera conclusiva di una trilogia organica, che racchiude un ciclo narrativo e artistico di dieci anni iniziato con “Oltre” (un mondo uomo sotto un cielo mago), seguito poi dal capitolo successivo di “Io sono qui” (tra le ultime parole d’addio e quando va la musica).

La trilogia

Se “Oltre” rappresenta il passato e “Io sono Qui” il presente, “Viaggiatore” parla del futuro. Ecco che la data di realizzazione diventa simbolica. L’anno 2000 segna il passaggio a un nuovo secolo che ci trova tutti in fila verso il suo vento già citato negli anni Ottanta in un altro album straordinario intitolato “La Vita è Adesso” e successivamente in “Il Sogno è Sempre“.

In “Viaggiatore” per l’uomo è il momento della riflessione, delle domande, di come relazionarsi agli altri in una realtà che vive sempre più di virtualità e meno di essenza. Quasi profetico, direi. La corsa per la vita del vecchio secolo si interrompe e ci fa riflettere su chi siamo e dove stiamo andando, cosa stiamo cercando.

Tutti in realtà siamo parte di un disegno più grande di noi. Siamo “tessere di un firmamento bruno“.

I numerosi richiami al collegamento tra filosofia e musica si ritrova nella metafisica in suoni: le parole e il suono sono realmente elementi primordiali.

Nella produzione artistica di Claudio Baglioni il tempo è una costante narrativa che mette al centro l’uomo nello scorrere della sua vita. Il tempo diventa esso stesso il protagonista della storia umana nelle sue sfaccettature.

Se la filosofia serve a comprendere meglio il mondo, a scrutare dentro noi stessi e gli altri, ecco che il viaggio diventa la metafora più adatta a descrivere la crescita del pensiero stesso.

Tanti filosofi hanno usato il viaggio in cerca di fonti del sapere

Parmeide descrive il viaggio come la ricerca della verità conservata dalla dea della giustizia. Il viator cristiano percorre i sentieri della terra prima di arrivare a casa, alla vita vera e futura.

Non si vuole affermare che Baglioni sia un filosofo, ma che all’interno della sua discografia ci sono tanti elementi condivisi in filosofia.

Chi conosce bene l’artista romano sa quanto lui ami leggere e appuntare idee per la composizione delle liriche. Una volta fu lo stesso Baglioni a dire che la lettura di tantissimi libri lo ha “rovinato” perché lo “obbliga” al pensiero profondo sulla vita.

Fatto sta che anche grazie alla sua cultura ha scritto dei capolavori.

Elementi di filosofia

La trilogia che è frutto di una piena maturità artistica e umana è concentrata su elementi di filosofia orientale, ad esempio. L’idea che la vita sia una spirale in cui la finalità del viaggio non è la meta, ma il viaggio stesso, in cui la partenza e l’arrivo sono nella stessa posizione orizzontale, ma verticalmente opposti, è l’idea centrale di Viaggiatore; un disco ermetico, ma di altissimi contenuti.

L’arte, il mondo circostante e le sue leggi fanno sì che la vita diventi una ricerca continua, una domanda frequente e che l’inquietudine diventi la comprensione del mondo e il suo senso.

C’è un altro aspetto della poetica di Claudio Baglioni che riguarda l’inquietudine umana. Non è infatti raro trovare questa caratteristica e condizione umana dentro tantissime canzoni.

La più esemplare è “Poster“, pubblicata nel 1975 nell’album “Sabato Pomeriggio“. Già l’idea centrale dell’intero album riguarda l’attesa, realizzata attraverso l’esposizione di una galleria di personaggi diversi che aspettano che succeda qualcosa nella loro vita. In “Poster” si aggiunge anche un pathos in cui c’è un’intensa emozione e una totale partecipazione con la condizione umana e psicologica del protagonista.

La parte razionale – il logos – è rappresentato dalla visione oggettiva della realtà circostante, ma è esso stesso che scatena i pensieri, l’irrazionale, la grandezza del dramma del quotidiano e dell’insostenibilità della stessa vita, della solitudine che guarda caso tratterà nell’album successivo: “Solo” (1977).

In “Poster” il viaggio diventa la fuga dalla realtà, ma rappresenta anche l’impossibilità a modificare la propria condizione. L’uomo è ostaggio di sé stesso. Diverso è invece l’uomo di “21X” (“Sabato Pomeriggio” – 1975) che pur sognando di poter cambiare vita, vincendo una schedina milionaria, si è felice della sua realtà quotidiana, non cambierebbe la condizione di padre con altro.

Un viaggio infinito

Arrivati a questo punto una domanda è lecita: la canzone d’autore è un’arte minore o può essere eletta al pari della poesia e della prosa?

Claudio Baglioni ha ricevuto premi importanti, seppur tardivi, riconoscimenti che avrebbero il compito di renderlo un autore importante sia per la ricerca stilistica che per i contenuti. Questo significa che c’è una continua evoluzione e un coniugare ad essa nuove forme e concetti universali.

L’uomo e l’artista si fondono insieme ripartendo da ciò che si è costruito mirando non tanto al nuovo, ma all’essenza.

È un po’ il percorso nuovo che Baglioni ha adottato negli album dopo il 2000.

Se il Viaggiatore è ermetico, i successivi dischi ripartono dalla semplicità senza dimenticare però la profondità dei contenuti.

L’esperimento di In-Canto è la realizzazione e il punto di partenza di un nuovo inizio in tutti i sensi. Sostanzialmente è la vita stessa che concluso un periodo, un ciclo, ne riapre un altro.

La fine di un ciclo è l’inizio di un cammino nuovo. “La musica illumina questa dimensione, fa capire che l’essere umano non è una sostanza statica, una semplice presenza, ma progetto aperto, possibilità nuova.

Potrebbe interessare questa recensione: Sandro De Bonis illustra la meraviglia nell’arte di Claudio Baglioni