Considerazioni sul CETA, il trattato di libero scambio che potrebbe cambiare le nostre vite

Ceta Rifondazione Comunista
Ceta, Rifondazione Comunista

Riceviamo e pubblichiamo:

E’ stato questo il tema dell’iniziativa che il partito della Rifondazione Comunista ha affrontato nel corso di un dibattito molto seguito e partecipato a Lamezia Terme. Hanno preso parte attiva alla discussione il Segretario regionale di Prc Pino Scarpelli, il responsabile del settore agricoltura del partito calabrese Mimmo Serrao, il presidente di Coldiretti Catanzaro Fabio Borrello, Danilo De Salazar di Sinistra Anticapitalista e Tonino Jiritano dell’USB Calabria. Presente l’Eurodeputata Eleonora Forenza che sul tema dei trattati internazionali sta portando la voce del dissenso, nell’ambito del Parlamento europeo  e su tutto il territorio nazionale.

Sostanzialmente il CETA è l’acronimo di Comprensive Economic Trade Agreenment, cioè un accordo commerciale tra Unione Europea e Canada che riguarda il libero scambio, approvato nel 2017 ed in attesa di ratifica da parte degli stati membri della comunità europea. Ed è proprio sulla questione della ratifica da parte dello stato Italiano che si sta giocando una importante partita politica  purtroppo poco seguita dai media e di conseguenza quasi sconosciuta all’opinione pubblica. Tra l’altro si porrebbe un problema di coerenza politica da parte di M5S e Lega dal momento che in sede di Parlamento europeo avevano votato contro ed oggi tentennano a livello italiano a chiarire la posizione favorevole o contraria. Ed è esattamente questa la preoccupazione generale  di cui gli esponenti del Prc si fanno portavoce. Cosa farà il Governo italiano? Riuscirà a mantenere una sovranità decisionale e democratica contro il volere delle multinazionali che hanno tutto l’interesse di omologare il commercio e le produzioni agricole al solo interesse economico delle grandi società di capitale? Al momento sembra tutto molto offuscato soprattutto perché questo trattato di quasi 2000 pagine è incomprensibile ai più e racchiude in se una serie di cavilli e lacci di cui difficilmente uno Stato una volta ratificato riuscirà a liberarsi. A questo punto è importante capire con quali fini è nato ed in questo senso la relazione di Mimmo Serrao è stata ampiamente esplicativa.

Il Ceta dunque  serve per eliminare una serie di barriere economiche e restrizioni tra Canada ed Europa, in base ai seguenti punti chiave: liberalizzazione del mercato dei servizi; accesso delle imprese europee agli appalti pubblici canadesi; abolizione della stragrande maggioranza dei dazi doganali; riconoscimento della tutela delle denominazioni di origine; reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali più garanzie in materia di proprietà intellettuale.

Sulla carta apparentemente questo trattato servirebbe per aiutare e dare opportunità alle Pmi e per semplificare gli scambi tra Canada ed Europa attraverso l’abolizione dei dazi.

Formalmente infatti , il CETA é un trattato di libero scambio. Dal punto di vista sostanziale si tratta di una riforma istituzionale nascosta perché subordina la possibilità dell’UE e degli Stati di prendere decisioni nel pubblico interesse al fatto che queste decisioni non comportino la creazione di nuove barriere commerciali col Canada e non limitino l’amplissimo raggio d’azione concesso dal trattato agli investitori canadesi nell’UE.

Ad esempio:

  • fissa amplissimi spazi per l’intervento privato nei servizi (scuola, acqua, salute…), impegnando gli Stati a non ridurli;
  • detta i criteri per il rilascio di permessi e licenze connesse con le attività economiche;
  • antepone gli interessi privati a quelli pubblici attraverso l’ICS, acronimo di Investment Court System, composto da 15 membri, nominati da uno dei comitati creati dal CETA stesso, il Comitato misto, che stabilisce un regime speciale di responsabilità dello Stato e dell’Unione davanti a un tribunale speciale ad esclusivo beneficio degli “investitori canadesi “. Se gli effetti del trattato o di alcune delle nostre regole danneggiano i loro affari, gli investitori canadesi possono citare i nostri stati nell’ ICS e chiedere la rimozione della regola o di essere risarciti. E’ chiaro che l’ICS mette in discussione vari principi costituzionali, compresi i requisiti essenziali dell’esercizio della sovranità nazionale e il principio di indipendenza e l’imparzialità dei giudici;
  • lascia in bianco il paragrafo relativo alle caratteristiche che gli alimenti canadesi devono possedere per essere venduti nell’UE;
  • elimina gran parte delle “barriere non doganali”, norme, regolamenti di conformità, standard e simili che dettano le caratteristiche dei prodotti. Molti di essi sono state istituiti per proteggere salute ed ambiente;
  • va contro il “principio di precauzione” incardinato nei trattati europei, che ora evita, fra l’altro, la massiccia importazione nell’UE di cibi OGM e pregiudica, di fatto, le norme relative alla sicurezza alimentare.

Il CETA ha un pesante effetto sull’agricoltura UE.

Ma quali potrebbero essere le conseguenze concrete e le ricadute sull’agricoltura italiana soprattutto nel Mezzogiorno?

Allora, l’importazione massiccia di grano canadese metterebbe in ginocchio la produzione italiana e a rischio tante piccole e medie imprese;

Avrebbe conseguenze terribili nel meridione, dove, da sempre, le produzioni sono “di nicchia” e, relativamente al grano, si produce grano duro biologico, ottenuto senza ricorso alla ‘chimica’ (diserbanti, pesticidi, eccetera) di cui, per decreto ministeriale, si chiede una diminuizione di produzione (?), cosa questa già tentata, nel 2009, (presidente del consiglio Berlusconi), con lo stratagemma agronomico di imporre la rotazione triennale e non biennale, per ottenere un raccolto quantitativamente inferiore;

Va considerato, a questo proposito, il Set-Aside (mettere da parte), il regolamento dell’Unione Europea che ripaga gli agricoltori a patto che non coltivino il grano;

Il grano canadese e trattato con il glicosato, un diserbante sul quale EFSA, OMS e FAO, hanno previsto misure cautelari, come l’analisi dei residui nei cibi e il divieto di utilizzo nelle aree più popolate perché “potenzialmente” cancerogeno; prodotto dalla multinazionale tedesca Monsanto, fusa con la Bayer, avrebbe causato la grave malattia di un giardiniere in California. che si è ammalato di tumore al sistema linfatico dopo aver lavorato per circa 30 anni con i diserbanti che contengono glifosato. I produttori di erbicidi al glifosato si difendono spiegando che se i prodotti vengono utilizzati correttamente non creano danni, che sono stati utilizzati in tutta sicurezza e con successo nel mondo per 40 anni e sono uno strumento valido per aiutare gli agricoltori ad operare in modo sostenibile per l’ambiente riducendo le lavorazioni del terreno, l’erosione del suolo e l’emissione di Co2. Ma in alcune aree del mondo, per esempio nelle aree fredde e umide del Canada, che non consentono la maturazione del grano duro, la stessa viene effettuata artificialmente, con il ricorso al glifosato.

Un altro grave problema è legato alla presenza di micotossine, il cosiddetto DON, acronimo di Deossinivalenolo, nei mangimi prodotti e commercializzati in Canada, in una quantità oltre a mille ppb (parti per miliardo), che crea seri problemi agli animali monogastrici, che non progrediscono nella crescita. La micotossina DON altera la funzione dei villi intestinali che iniziano ad assorbire il glutine dall’intestino che, a propria volta, va nel sangue e crea problemi al nostro organismo; inoltre, c’è il rischio dell’ocratossina che può creare seri problemi al nostro organismo e che è addirittura cancerogena;

Esistono numerose differenze  relative alla sicurezza alimentare:

Il Canada considera i “nuovi alimenti” – gli OGM – equivalenti ai loro omologhi convenzionali, e dunque la presenza di OGM in un alimento non viene indicata in etichetta. Nell’UE l’autorizzazione all’importazione o alla coltivazione di ogni singolo OGM è subordinata alla valutazione della sicurezza e la presenza di OGM va indicata in etichetta; ammessa solo una contaminazione accidentale inferiore allo 0,9%.

In Canada il pollame e la carne bovina vengono igienizzati, dopo la macellazione, con un risciacquo di acqua e candeggina: una pratica che l’UE non consente, dato che essa affida l’igiene delle carni macellate al rispetto di una serie di procedure relative ad ogni fase della lavorazione.

Nonostante ciò, ci sarebbe un’apertura significativa del mercato Ue alla carne fresca canadese, le cui esportazioni, si stima, aumenteranno di oltre il 300%, da 15 mila a 65 mila tonnellate l’anno. Il Canada permette l’uso di ormoni della crescita per l’allevamento dei bovini; permette l’uso della ractopamina- un promotore della crescita – nell’allevamento di maiali, tacchini e bovini; talvolta permette anche l’uso di antibiotici come promotori della crescita. Nell’UE queste pratiche sono vietate per salvaguardare la salute umana.

Le organizzazioni degli agricoltori ed in particolare in Italia la Coldiretti sono su questo fronte sul piede di guerra. Lo ha spiegato chiaramente nel corso del convegno a Lamezia  Fabio Borrelli, all’unisono con Eleonora Forenza, la quale ha chiesto conto alle forze  che in questo momento governano il nostro Paese rispetto ad una linea di coerenza politica in base alla quale il Parlamento Italiano dovrebbe respingere la proposta di ratifica. Questo tentennamento che in più occasioni, soprattutto il M5S sta dimostrando (vedi il gasdotto in Puglia), aumenta la preoccupazione rispetto al rischio che il Ceta venga approvato. Il forte appello dunque alle forze politiche, ai movimenti ed all’opinione pubblica quindi è quello di intervenire e alzare il tono del dibattito su questo fronte. La problematica è piuttosto seria perché in ballo c’è la sovranità decisionale e democratica degli Stati membri rispetto a questioni fondamentali come il lavoro, la salute, l’ambiente , l’agricoltura e tutte le filiere connesse.

Responsabile per la Comunicazione Sonia Rocca