Per il riso di Sibari si investirà un milione di euro

Risaia (fonte: il fatto quotidiano)

Ancora una volta, il Sole24Ore si è occupato del riso della piana di Sibari. L’articolo, a firma di Alessandra Tibollo, annuncia l’avvio di un progetto che riguarda la prima riseria calabrese.

Nella Piana di Sibari si coltivano 650 ettari di riso. I produttori hanno avviato il progetto per un primo impianto di lavorazione necessario alla filiera“. Si apre così l’articolo dedicato al prodotto cosentino, orgoglio calabrese.

Matteo Perciaccante ammette di far parte di un mercato di nicchia: “Siamo lo zero virgola“. La sua famiglia è proprietaria di Masseria Fornara, una tra le maggiori aziende produttrici di riso nella Piana di Sibari.

Sebbene quindi non sia concorrenziale con le produzioni di Vercelli (si tratta solo di 650 ettari e un pugno di produttori locali), il riso calabrese non ha alcuna intenzione di cedere il passo ai fratelli più grandi e punta all’export, anche grazie alla certificazione IGP che attesta la qualità del prodotto.

Eppure, nonostante il carnaroli sia notoriamente coltivato a nord, nelle pagine della storia del riso si scopre che la sua coltivazione partì proprio dalla Calabria grazie ai popoli antichi, probabilmente o greci o arabi. Solo successivamente la produzione fu portata a nord per via del clima e per il costo della manodopera.

Coltivazione Riso a Sibari (fonte: riso us)

Nel 1982, Pietro Perciaccante iniziò a coltivare il riso proprio nella Piana di Sibari ricavandone un successo. Il capostipite della famiglia Perciaccante riqualificò i terreni argillosi, dal sottosuolo salmastro, i quali – anche grazie all’acqua del Pollino e al vento della zona – sono risultati una combinazione vincente. “La combinazione del vento costante e del sale che purifica l’acqua minimizza il rischio di infestazioni da funghi“.

Oggi Masseria Fornara riunisce tre produttori e produce per il 60% riso carneroli mentre il restante 40% si distribuisce tra la’rborio, l’originario, il Gange e il nero.

Il tallone d’Achille della produzione è la mancanza di un impianto per la lavorazione. A causa di questa mancanza, i produttori calabresi sono costretti a rivolgersi alle riserie del nord. Ovviamente con ciò che ne consegue in termini di costi e di spreco.

Una volta raccolto, mandiamo il riso a Codigoro, in provincia di Ferrara, da cui torna pronto sottovuoto. Noi poi lo inscatoliamo a mano, per una scelta voluta di ulteriore controllo prima della vendita“, racconta Perciaccante.

In realtà, c’è un progetto già depositato in Regione dedicato proprio alle riserie nella Piana di Sibari.

Il progetto prevede un investimento da un milione di euro. Uno stanziamento importante che significa anche “Nuovi posti di lavoro, un abbassamento dei costi di produzione nonché una spinta per la nostra istanza già presentata di ottenimento dell’Igp, grazie al fatto che chiuderemo la filiera tutta nella zona di Cassano allo Jonio, che è il comune di riferimento della piana di Sibari“.

Secondo Perciaccante: “L’ottenimento dell’Igp aiuterebbe nella vendita del riso calabrese oltre i confini regionali e aumenterebbe l’appeal di questa coltivazione nell’area. Inoltre, un impianto qui in Calabria ci consentirebbe di ampliare il business e lanciarci su altri mercati promettenti e ben remunerativi come quelli dei mix di cereali.

Leggi anche:

Il miglior riso d’Italia è calabrese

Parco di Sibari tra i siti più a rischio in Europa