L’attualità e l’oblio di Saverio Strati

Saverio Strati
Saverio Strati

La voce silenziosa della Calabria: Saverio Strati e il suo racconto della lotta per la dignità

Saverio Strati nacque nell’agosto del 1924, esattamente 100 anni fa a Sant’ Agata del Bianco in Calabria. Figlio di un muratore che sopravviveva facendo lavori saltuari, Strati dovette fermarsi alla licenza elementare per poi seguire il padre nei suoi lavori saltuari e malpagati. Lo scrittore divenne capomastro, ma la passione per gli studi non lo abbandonò mai.

Uno zio d’America, fratello della madre, gli garantì un aiuto economico che consentì a Strati di conseguire la maturità liceale ed iscriversi alla facoltà di lettere dell’ Università degli Studi di Messina. Strati lavorava, studiava e scriveva. Lo scrittore scriveva o meglio descriveva il Sud di cui era figlio. Vicende di vita e lavorative lo portarono fuori dalla Calabria.

Strati visse nella tranquilla Svizzera ma, non ci soggiornò da turista ma da lavoratore emigrante. Nonostante avesse sposato una ragazza Svizzera, lo scrittore conosceva bene la realtà delle baracche in cui venivano ghettizzati i lavoratori italiani. Leggeva bene i cartelli affissi nei locali dove c’era scritto: “ Vietato l’ingresso ai cani e agli Italiani”. Strati sapeva cosa volesse dire alzarsi all’alba e iniziare a lavorare a meno tredici gradi sotto zero, conosceva i sacrifici di chi nonostante la fatica del lavoro si privava di tutto pur di mandare i soldi a casa per mantenere la famiglia e costruire una casa dignitosa.

Paesi interi sorsero in Calabria negli anni 60 e 70 del secolo scorso. Paesi interi sorsero grazie ai sacrifici di chi sputava sangue nelle miniere del Belgio, della Germania degli Stati Uniti e dell’ Argentina. Interi nuclei scomparvero nei meandri del mondo. Strati in Svizzera scrisse “Noi Lazzaroni” e poi in giro per l’Italia. Scrisse altro “Tibi e Tascia”, “ Mani Vuote”, “La Conca degli Aranci”, “Il Selvaggio di Santa Venere” e altro molto altro. Strati raccontava di un Sud fatto di proprietari terrieri da cui dipendeva la vita e la morte dei loro contadini quasi fossero servi della gleba.

Raccontava di chi questo stato di cose non lo accettava e andava via o rimaneva e sì affiliava diventando a sua volta carnefice. Strati raccontava la Calabria di ieri che in fondo è anche quella di oggi. I proprietari terrieri sono diventati massoni gli affiliati sono rimasti affiliati e chi ha sperato in una condizione di vita migliore è andato via e continua a lasciare la Calabria. L‘ unica differenza è che oggi chi va via ha studiato anche grazie ai colpi di vanga dei propri padri. Strati negli ultimi anni della sua vita dovette essere sostenuto dalla legge Bacchelli perché versava in condizioni economiche disperate. Questo perché ad un certo punto all’intellighenzia culturale italiana, Strati non interessava più.

Non interessava più perché era una spina nel fianco. Era una spina nel fianco perché narrava la verità di una regione, la Calabria e di uno Stato che poco si mosse affinché le cose cambiassero. Strati morì a Scandicci in Toscana nel 2014 nel silenzio e nell’oblio più assoluto.