Nel suo continuo impegno alla ricerca di un linguaggio comune tra saperi, culture, Istituzioni e vita quotidiana, il Circolo Placanica ha ospitato questa settimana il Prof. Tullio Barni, Ordinario di Anatomia Umana presso l’UMG, nella sua duplice veste di Docente Universitario e di Delegato del Magnifico Rettore della Università Magna Grecia di Catanzaro. Il tema della serata non poteva che essere il difficile, tortuoso, mai del tutto completato ( e chissà se mai voluto) rapporto tra la Città di Catanzaro e la sua Università. In apertura di serata il Presidente del Circolo, Venturino Lazzaro, ha tenuto a precisare che tra i “patti” sottoscritti al momento della organizzazione di questo incontro, c’era lo stralcio dell’argomento “Integrazione Ospedaliera”, dal momento che questa, pur in grave ritardo, se sarà concretizzata, avverrà per motivi contingenti del tutto estranei sia alla cultura che all’ambito strettamente professionale. Si è parlato di due esistenze parallele (Città/Università) i cui percorsi, pur se ormai di durata pluridecennale, hanno stentato nel tempo a trovare punti di snodo e di contatto che potessero portare a ricadute utili e proficue per la cittadinanza. Il Prof. Barni, nella sua introduzione ha sottolineato come il sapere e la produzione Universitaria siano capaci, laddove se ne comprendono le potenzialità e le ricadute, di portare benessere, utilità sociale e cultura. Ha quindi affermato come il mancato abbraccio tra società locale e mondo accademico sia un danno e una mancata occasione di crescita per entrambi, sottolineando tuttavia che pur nella consapevolezza di questo, non si stia facendo tuttora niente di concreto per superare tale ostacolo. Il Presidente del Circolo ha a sua volta osservato che un maggiore impegno dell’Università in merito a informazione sul proprio operato, alle possibilità di intervento nel supporto alla imprenditoria locale, e un concreto interesse sulla formazione scolastica pre-universitaria, sarebbero un investimento da prendere in considerazione per raggiungere l’obiettivo voluto. La serata si è conclusa con numerosi interventi del pubblico, tutti sostanzialmente concordi sulla necessità di trovare un linguaggio comune (o almeno un comune alfabeto) per consentire quel dialogo e quel rapporto che città e mondo accademico per troppo tempo si sono negati.
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