L’ultima creatura di Giuseppe Cesaro si chiama “31 aprile”.
Qualcuno, un bel po’ di tempo fa, disse che la Storia si ripete in cicli. Corsi e ricorsi storici in cui l’umanità percorre un cammino in un ciclo eterno di caduta e ripartenza.
Senza volere essere criptici, Giambattista Vico sosteneva che i fatti storici si ripetono con le medesime modalità non per puro caso, ma in base ad un preciso disegno progettato della divina provvidenza.
Ma se il passato non ritorna è perché Vico ha sbagliato teoria oppure perché il passato non se ne è mai andato?
È intorno a questa domanda retorica che Giuseppe Cesaro ha costruito il suo ultimo romanzo dal titolo emblematico “31 aprile – il male non muore mai” (La Nave di Teseo – aprile 2021) che, agli occhi dei più attenti, avrebbe anche un sottotitolo: “The enD”.
Copertina nera lucida, caratteri stile gotico, una svastica. Il riferimento al nazismo è fin troppo evidente per non capire quantomeno l’ambientazione noir. Ma non è un saggio storico, o forse sì se consideriamo alcuni aspetti all’interno della trama e nei dialoghi.
Siamo in Germania. L’occasione di un reportage giornalistico condotto da Vera Stark, la protagonista principale, è soprattutto l’opportunità per snocciolare eventi storici legati a uno dei momenti più bui e assurdi della Storia e per sottolineare che il passato, quel passato è ancora il presente per taluni. Un oggi che trova ancora linfa vitale attraverso chi crede nella ideologia nazionalista e razzista del partito nazista.
Fatti di cronaca a livello mondiale, anche legati al mondo politico e di movimenti ben consolidati, ci raccontano continuamente di nostalgici del periodo nazista in un disinvolto tentativo di riportare alla luce idee e intenti in cui le pagine della Storia pare non abbiano veramente insegnato nulla a chi li alimenta.
Non ci sono parole per definire l’orrore di quel periodo storico ed è probabilmente compito degli intellettuali non far perdere la memoria di ciò che è stato e che evidentemente non vuole morire.
Giuseppe Cesaro è un intellettuale dalla mente raffinata e lucida, ma è anche giornalista e scrittore (e molto altro) che conosce il peso specifico della parola ed è proprio attraverso i dialoghi che accompagna il lettore lungo i sentieri della filosofia, della Storia, dell’etica.
Purtroppo, la speranza di Falcone (che ovviamente si riferiva a ben altro) contenuta in “Gli uomini passano, le idee restano” in questo libro assumerebbe un’altra connotazione quasi sarcastica, se ci pensiamo bene. Ma dobbiamo amaramente ammettere che invece è proprio così anche per il rovescio della medaglia della speranza. Il Führer è morto il 30 aprile 1945 solo per motivi meramente biografici, ma continua a esistere attraverso i suoi proclami, perché c’è chi lo vorrebbe ancora in vita quantomeno per le sue idee. Da qui il titolo 31 aprile: un giorno inesistente nei calendari, ma carico di valore simbolico per coloro che non vogliono interrompere il lavoro di Hitler, per tenerlo ancora in vita anche dopo la sua presunta data di morte.
Il fascino che esercita Adolf Hitler è attualissimo. Le sue idee “camminano” ancora. Il leader politico carismatico ha ancora seguaci ovunque. Basta guardare tra le novità editoriali: è notizia recente la pubblicazione della nuova edizione critica di Mein Kampf, il libro manifesto del nazismo scritto da Hitler in cui proclama la creazione di un Nuovo Ordine. Recentemente, Amazon aveva tolto il volume dal commercio per via delle critiche e delle proteste, ma per alcune idee non basta una censura. Basta fare una ricerca su internet, scrivere “nazismo” e si apre un mondo per nulla sommerso. Ci sono tanti link di notizie fin troppo recenti che testimoniano quante persone siano attratte da una propaganda che non tramonta mai.
In questo contesto, “31 aprile” va considerato un romanzo oppure un saggio di storia o un’inchiesta giornalistica?
In realtà è una domanda che non porta a nulla di preciso. A volte, nel voler dare una connotazione editoriale si perde di vista il contenuto e le intenzioni. La cornice del romanzo offre l’occasione di far conoscere dettagli relativi a un periodo storico del quale si potrebbe perdere memoria facilmente visto che i sopravvissuti sono ormai pochi. All’interno di essa, si muovono personaggi e storie legate per qualche motivo al nazismo e a questo gruppo, denominato “31 aprile”. La ricerca delle motivazioni per cui questo gruppo è nato diventano dissertazioni storiche ed etiche, in una chiave di lettura spesso personale.
Al lettore si offrono nozioni che poi vanno elaborate individualmente.
Il romanzo va oltre la consueta trama in cui gli eroi positivi si oppongono agli eroi negativi. Non è esattamente la lotta tra il bene e il male. Spesso essi si confondono tra loro.
La cosa più singolare all’interno del racconto è il non giudizio dell’autore. C’è una sorta di equilibrio – decisamente voluto – nel non volere disegnare pesantemente negativi i tratti dei seguaci delle idee folli di Hitler e del nazionalsocialismo.
Il confronto è umano. I protagonisti sono prima di tutto persone con i loro limiti e le loro fragilità. Ed è proprio la normalità a essere indagata.
Sarebbe fin troppo facile tratteggiare come eroe negativo la figlia di un colonnello SS giustiziato per crimini di guerra. Sebbene ella continui a conservare e preservare l’immagine del padre, ne esce fuori anche il ritratto inedito di una bimba sensibile e ricca di fantasia. Dotata paradossalmente di umanità. Sembra una contraddizione ma alla fine, se si pensa bene, lei è una figlia e il padre è un padre. Indipendentemente da come la Storia li ha incorporati e assimilati. Indipendentemente da ciò che il resto del mondo conosce di loro dall’esterno. All’interno di una villa, teatro di orrori del nazismo, viveva una famiglia nella sua “normalità” e ora quel luogo è il tempio della memoria. Una sorta di trait d’union in cui la malvagità si autopromuove cultura da divulgare.
Due donne agli antipodi: la giornalista critica verso chi non conosce le pieghe della storia e la figlia devota di un uomo che si poneva al di sopra della legge divina. Entrambe non sono poi così diverse perché fedeli ai propri ideali e princìpi.
Probabilmente, è il limite delle pagine dei libri di Storia: si raccontano i grandi avvenimenti, ma il quotidiano, le vicende della gente comune sono elise come se non fossero state mai vissute. Eppure, la vera Storia parte da lì, da chi la vive ogni giorno. La Storia vissuta sulla propria pelle, fatta di ore non tramandate ai posteri.
L’interrogativo resta: perché il nazismo non muore mai? C’è all’interno una risposta, ma citarla sarebbe come spoilerare. Il piacere di leggere questo romanzo dovrebbe partire dal voler conoscere e magari approfondire altrove.
Un indizio però possiamo darlo.
Indagare oltre la superfice di ciò che sembra e invece… (non) è. Per esempio, un pulcino mannaro.
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